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Libretto “Agrippina” di Georg Friedrich Händel

Agrippina

Dramma per musica

Libretto di Vincenzo Grimani
Musica di Georg Friedrich Händel

Prima esecuzione: 26 dicembre 1709, Venezia, Teatro San Giovanni Grisostomo.
Video dell’opera

Interlocutori:

CLAUDIO imperatore basso
AGRIPPINA moglie di Claudio soprano
NERONE figlio di Agrippina soprano
POPEA soprano
OTONE contralto
PALLANTE liberto basso
NARCISO liberto contralto
LESBO servo di Claudio basso
GIUNONE contralto

Argomento
Agrippina nata di Germanico nipote d’Augusto, fu moglie di Domitio Enobardo. Di questi ebbe un figlio chiamato Domitio Nerone. Passata alle seconde nozze con Claudio imperatore, tutta la di lei premura fu di portare sul trono il suo figlio Nerone, e se bene fosse da un astrologo avvertita, che il di lei figliuolo sarebbe stato imperatore, ma insieme matricida, ella rispose, me quidem occidat dum imperet. Questa donna di grande talento, avida di regnare, e del pari ambiziosa, che potente, tanto s’adoprò col marito Claudio, che l’obbligò a dichiarare cesare il suo Nerone. Ciò le riuscì stante la debolezza dello spirito di Claudio, tutto dedito al lusso, disapplicato, e innamorato, avendo però con tutto ciò la gloria d’avere acquistata a Roma la Bretagna.
Otone fu marito di Popea donna ambiziosa, e vana, e di cui fu anche Nerone amante, che poi ad Otone la tolse, e la sposò.
Con Claudio il credito de’ liberti fu smisurato, e particolarmente di Pallante, e di Narciso, de’ quali anche Agrippina si valse.
Da tali fondamenti istorici s’intreccia con verisimili il presente dramma intitolato l’Agrippina, in cui intendi sanamente le solite frasi poetiche dettate dalla penna senza pregiudizio della religione.

Libretto – Agrippina

Atto primo
[Sinfonia]

Scena prima
Gabinetto d’Agrippina.
Agrippina, Nerone.

Recitativo

AGRIPPINA
Nerone amato figlio; è questi il tempo,
in cui la tua fortuna
prender potrai pe ‘l crine, ed arrestarla.
Oggi propizio fato
la corona de’ cesari ti porge;
svelò a te, ciò che ignoto
è a tutti ancor; prendi, leggi, e vedrai,
e ciò che la mia mente
disponga a tuo favor poscia saprai.

NERONE
(legge il foglio)
«Col duolo al cor, e con il pianto al ciglio
questo foglio t’invio sovrana augusta,
di tempestoso mar, nel gran periglio
rimase assorta l’aquila latina,
e Claudio il tuo consorte
nell’eccidio comun provò la morte.»
Claudio morì! Che sento?

AGRIPPINA
Vuoto è il trono del Lazio, e a riempirlo
per te suda mia mente;
già maturo all’impero
del quinto lustro oggi al confin sei giunto
in questo dì fatal voglio che Roma
cinga il cesareo allor alla tua chioma.

NERONE
Che far degg’io?

AGRIPPINA
Senti;
occulta, quanto sai,
l’alterigia deponi, umil diventa;
va’ tra le turbe, e con modesto ciglio
ognuno accogli, a’ poveri dispensa
l’or, che nascoso tieni,
commisera il lor stato, e s’hai nel core
o senso di vendetta,
o stimolo d’amore,
copri l’un, l’altro cela; e non sia grave
la finzione all’interno;
se vuoi regnar i tuoi desir correggi,
che al desio di regnar cedon le leggi.

NERONE
I tuoi saggi consigli
ogn’ora mi saran madre di scorta.

AGRIPPINA
Vanne, non più tardar, pronto disponi
quanto dettò il mio amore:
un momento perduto
talor di grandi imprese è distruttore.
[N. 1 – Aria]

NERONE
Col saggio tuo consiglio
il trono ascenderò.
Men cesare, che figlio
madre t’adorerò.
Col saggio tuo consiglio
il trono ascenderò.

Scena seconda
Agrippina.

Recitativo
Per così grande impresa
tutto si ponga in opra; io ben m’accorsi
che Narciso, e Pallante,
sia per genio, o interesse, han nella mente
un nascosto desio
di vincer il mio cor; ciò che sprezzai
or con arte s’abbracci.
Olà.
(esce un paggio)
Venga Pallante.
M’assistan arte, e frode in quest’istante.
(si pone a sedere in atto malinconico)

Scena terza
Pallante, Agrippina.

PALLANTE
A’ cenni tuoi sovrani
ecco il fido Pallante.
(Mesta il bel volto asconde,
e pensierosa a me nulla risponde?)
Augusta a’ cenni tuoi
hai prove del mio cor, e tu ben sai
quanto fido egli sia, quanto costante.

AGRIPPINA
Ah Pallante, Pallante.

PALLANTE
E per chi mai
Agrippina sospira?
A toglier le tue pene
vorrei esser bastante.

AGRIPPINA
Ah Pallante, Pallante.

PALLANTE
(Che favellar è quello? Ardir, ardire.)
Il tuo Pallante, io sono,
son quel, ch’alle tue voglie
ha pronto il cor.

AGRIPPINA
Il core?

PALLANTE
Sì, sì il cor, o Agrippina
e con il fido cor, ciò che t’aggrada.

AGRIPPINA
Sì, sì t’intendo sì, col cor la spada.

PALLANTE
La spada, il braccio, e l’alma.

AGRIPPINA
Le tue offerte aggradisco.

PALLANTE
Ah se permesso
fosse mai di parlar.

AGRIPPINA
Parla, discopri.

PALLANTE
Io temo.

AGRIPPINA
Non temer (arte s’adopri).

PALLANTE
È gran tempo ch’io nutro
ardor, che mi divora,
ma il rispetto.

AGRIPPINA
Non più, dicesti assai.

PALLANTE
Io chieggo dell’ardir, bella, condono.

AGRIPPINA
Ti basti ch’io t’intesi, e ti perdono.
Il dir di più riserba ad altro tempo.
Pallante a te fo noto
ciò che ad ogn’altro è ascoso.
È morto Claudio.

PALLANTE
Claudio!

AGRIPPINA
Alle milizie, al popolo s’aspetta
di stabilir del successor la sorte;
tu vanne al Campidoglio,
i parziali aduna,
e allor che farò nota
di cesare la morte,
tosto Nerone acclama;
se il mio figlio è regnante
con Agrippina regnerà Pallante.
[N. 2 – Aria]

PALLANTE
La mia sorte fortunata
dalle stelle oggi mi scende,
se vien oggi da te,
se in te sol bella adorata
la mia stella mi risplende
per gloria di mia fé.
La mia sorte fortunata
dalle stelle oggi mi scende,
se vien oggi da te,
se in te sol bella adorata
la mia stella mi risplende
per gloria di mia fé.

Scena quarta
Agrippina.

Recitativo
Or che Pallante è vinto
si vinca anche Narciso.
Olà.
(esce un paggio)
Narciso chiama.
Ottien chi finger sa quello che brama.

Scena quinta
Narciso, Agrippina.

NARCISO
Umile alle tue piante.

AGRIPPINA
Non più: di occulto arcano
chiamo Narciso a parte;
te solo oggi destino
per fabbro di grand’opra, e alla tua fede
confido ciò che fin ad or celai.

NARCISO
Dispor della mia fé sempre potrai.

AGRIPPINA
Quali non so per anche
sian del tuo cor i sensi, a me gli scopri.

NARCISO
Ah sovrana Agrippina,
quel che dir io vorrei non m’è permesso.

AGRIPPINA
Tutto ti sia concesso.

NARCISO
Poiché è lecito il dirlo,
dirò, ch’io t’amo.

AGRIPPINA
E tant’oltre t’avanzi?

NARCISO
Supplice alle tue piante
chieggo.

AGRIPPINA
Che chiederai?

NARCISO
Che pietosi ver me rivolga i rai.

AGRIPPINA
Sorgi, e a te sia di mia clemenza un dono,
ch’il tuo desir intesi, e ti perdono.

NARCISO
Or ch’il mio amor tu sai, felice io sono.

AGRIPPINA
Quanto ch’in te confida
leggi.

NARCISO
Cieli che leggo!

AGRIPPINA
Ora fa d’uopo
nella man d’Agrippina
d’assicurar lo scettro.
Vanne tosto colà dove raccolto
sta il popolo, e ‘l soldato,
ivi attendi ch’io scopra
la novella fatal, e allor prudente
il nome di Nerone
insinua fra le turbe:
se al trono il ciel Nerone oggi destina,
Narciso regnerà con Agrippina.
[N. 3 – Aria]

NARCISO
Volo pronto; e lieto il core
è presago di gioire.
Volerò da loco a loco
sovra l’ali del mio amore,
e col fervido mio foco
farò pago il tuo desire.
Volo pronto; e lieto il core
è presago di gioire.

Scena sesta
Agrippina.
Quanto fa quanto puole
necessità di stato; io stessa, io stessa:
nulla più si trascuri, all’opra all’opra:
lode ha, chi per regnar inganno adopra.
[N. 4 – Aria]
L’alma mia fra le tempeste
ritrovar spera il suo porto.
Di costanza armato ho il petto,
che d’un regno al dolce aspetto
le procelle più funeste
son oggetti di conforto.
L’alma mia fra le tempeste
ritrovar spera il suo porto.

Scena settima
Piazza del Campidoglio con trono.
Nerone circondato dal Popolo a cui dona regali.
[N. 5 – Arioso]

NERONE
Qual piacer a un cor pietoso
l’apportar sollievo a’ miseri:
prendi tu ancora, prendi.
Ma rassembra tormentoso
il veder fra turbe tante
che vi manchi un zelo amante,
che il lor stato almen commiseri.

Recitativo
Amici al sen vi stringo;
o come volentieri
di voi, io stesso in vece
la dura povertà soffrir vorrei.
(Arte, ed inganno servan ai desir miei.)

Scena ottava
Pallante, Narciso, Nerone.

PALLANTE E NARCISO
Ecco chi presto fia cesare a Roma.

PALLANTE
(Si concili il suo amor.)

NARCISO
(Merto s’acquisti.)

PALLANTE
Qui signore risplende
la tua virtù.

NARCISO
La tua pietà qui spande
a incatenar i cor, e gloria, e fama.

NERONE
Ah Pallante, ah Narciso;
duolmi, che angusto fato
sia termine a mie brame,
a tutti col desir giovar vorrei
pietade è la virtù più grata a dèi.
(Madre i precetti tuoi non abbandono
che se finger saprò, cesare sono.)

PALLANTE
Agrippina qui vien.

NARCISO
E accompagnata
da ogn’ordine di gente.
Alto affar, la conduce.

PALLANTE
Tu forse lo saprai.

NARCISO
Qual sia m’è ignoto.

PALLANTE E NARCISO
(Agrippina a me sol tutto fe’ noto.)

NERONE
(Questo è il giorno fatal del mio destino.)

PALLANTE E NARCISO
(Presto spero goder volto divino.)

Scena nona
Agrippina seguìta dal Popolo va a sedersi sul trono.
Nerone, Pallante, Narciso.

AGRIPPINA
Voi che dell’alta Roma
coll’amor, col consiglio, e co’ la forza
i casi dirigete, a voi qui vengo
apportatrice infausta
di funesta novella.
Amici, è morto Claudio.
L’infido mar, geloso
che restasse alla terra un tal tesoro
lo rapì a noi, di Roma
fatto è vedovo il soglio.
(discende dal trono)
L’autorità, ch’è in voi,
scelga un cesare al trono, ed egli sia
giusto, pietoso, e pio,
qual merta Roma, ed il mio cor desia.
[N. 6 – Quartetto]

Insieme

PALLANTE
Il tuo figlio
merta sol scettri, e corone.
Viva viva Nerone.

NARCISO
La tua prole
merta sol scettri, e corone.
Viva viva Nerone.

NERONE
Nel mio cor l’alma è giuliva.

CORO
Viva Nerone viva.

AGRIPPINA
Vieni o figlio ascendi al trono
vieni o cesare di Roma.

NERONE
Al regnar giunto già sono,
vengo a cinger d’allor la chioma.

AGRIPPINA
Vieni o figlio ascendi al trono
vieni o cesare di Roma.
(Agrippina, e Nerone ascendono sul trono si sente suono di trombe)

Recitativo

AGRIPPINA
Ma qual di liete trombe
odo insolito suono!

Scena decima
Lesbo, Agrippina, Nerone, Pallante, Narciso.
[N. 7 – Arietta]

LESBO
Allegrezza, allegrezza.
Claudio giunse d’Anzio al porto,
che del mar ch’il volle assorto
domò Oton l’alta fierezza.
Allegrezza, allegrezza.
Claudio giunse d’Anzio al porto,
che del mar ch’il volle assorto
domò Oton l’alta fierezza.

Recitativo

PALLANTE
Che sento!

NARCISO
Crudo ciel.

AGRIPPINA
Perfido fato.

NERONE
Evvi al mondo di me più sfortunato?
(Agrippina, e Nerone discendono dal trono)

AGRIPPINA
Non ti turbino o figlio
gl’insulti del destin per te funesti,
quel soglio ascenderai donde scendesti.
(Se mai d’arte fu d’uopo
ora l’arte s’adopri.)
Oh qual contento, amici,
nasce al mio core afflitto.
Claudio è risorto, ed è risorta ancora
la fortuna di Roma
per novella sì lieta
l’allegrezza comun sorga festiva.
Coro.
Evviva Claudio, evviva.

Recitativo

NARCISO
(O contenti perduti.)

PALLANTE
(O speranze smarrite.)

NERONE
(Empi cieli così voi mi tradite?)

LESBO
Signora, a te se n’ viene
il valoroso Otone,
che dai gorghi del mar cesare trasse
e lo ripone al soglio.

AGRIPPINA, NERONE, PALLANTE E NARCISO
(Vien la fiera cagion del mio cordoglio.)

LESBO
(Ratto volo a Popea nunzio d’amore
i sensi a discoprir, che Claudio ha al core.)

Scena undicesima
Otone, Agrippina, Nerone, Pallante, Narciso.

OTONE
Alle tue piante, augusta,
tra le sventure fortunato io torno.
Già de’ Britanni vinti
mentre il mar porta gonfio il gran trionfo,
invido ancor, tra le procelle tenta
a Roma di rapirlo.
Men forti, quanto carche
cedon le navi al tempestoso nembo:
chi tra scogli s’infrange,
chi dall’onde è sommersa,
né rispetto al regnante
ha il flutto infido, e dal plebeo indistinto
a sé lo trasse, da ognun creduto estinto.
Ma per amico fato
nel naufragio comun il braccio forte
sovra gl’omeri miei lo tolse a morte.

AGRIPPINA
Per opra così grande
Claudio, Roma, Agrippina
tutto a te denno, e da un’anima augusta
la mercede maggior sarà più giusta.

OTONE
Già del grato regnante
sorpassa il merto mio la ricompensa,
di cesare nel grado
ei mi destina al soglio…

PALLANTE E NARCISO
(Che sento o ciel!)

AGRIPPINA
Cesare!

NARCISO
(Ahi che cordoglio.)

OTONE
Allo spuntar della novella aurora
mirerà trionfante
Roma il suo Claudio, e all’ora
al popolo, al senato ei farà noto
l’onor, che mi comparte.

AGRIPPINA
Onor a te dovuto.

PALLANTE
Oton dunque farà.

NARCISO
Cesare sia.

AGRIPPINA
(Caderò prima estinta.)

NERONE
(Ah gelosia.)

OTONE
Se ‘l permetti, o signora,
occulto arcano a te svelar vorrei
da cui solo dipende
tutto ciò, ch’è più lieto ai desir miei.

AGRIPPINA
(Costui cauta s’ascolti.) E voi partite.
Confida a me confida
quanto il tuo cor desia.

NARCISO
(Crudo ciel.)

PALLANTE
Strani eventi.

NERONE
(Ahi sorte ria.)

Scena dodicesima
Otone, Agrippina.

OTONE
Augusta, amo Popea;
trono, scettro non curo;
se privo io son dell’adorato bene,
a cui soggetto il viver mio si rende;
da te la mia fortuna oggi dipende.

AGRIPPINA
Nutra pure il tuo core
sensi d’amor per la beltà gradita,
ch’il mio pronto sarà per darti aita.

OTONE
O magnanima, e grande
dispensiera di grazie, e di fortune,
quanto quanto a te devo.

AGRIPPINA
(Ama Claudio Popea ciò m’è già noto;
spero ch’il mio pensier non vada a vuoto.)
[N. 8 – Aria]
Tu ben degno
sei dell’allor
(ma di sdegno
arde il mio cor).
Con l’oggetto,
che sa il tuo amor
avrai nel petto
dolce l’ardor.
Tu ben degno
sei dell’allor
(ma di sdegno
arde il mio cor).

Scena tredicesima
Otone.

Recitativo
L’ultima del gioir meta gradita
tu mi porgi, o fortuna, oggi sul trono
per rendermi beato
unirà amor un divin volto, e amato.
[N. 9 – Aria]
Lusinghiera mia speranza
l’alma mia non ingannar.
Sorte placida in sembianza
il bel volto non cangiar.

Scena quattordicesima
Stanza di Popea.
Popea allo specchio.
[N. 10 – Aria]
Vaghe perle, eletti fiori
adornatemi la fronte.
Accrescete a mia bellezza
la vaghezza
che a svegliar nei petti amori
ho nel cor le voglie pronte.
Vaghe perle, eletti fiori
adornatemi la fronte.

Recitativo
Oton, Claudio, Nerone
la lor fiamma han scoperto,
d’essi ciascun il proprio ardor lusinga
né sanno ancor s’io dica il vero, o finga.

Scena quindicesima
Lesbo, Popea.

LESBO
Signora, o mia signora.

POPEA
(Questi è il servo di Claudio
non si lascin d’amor gl’inganni, l’arte.)
O fido servo, o quanto
mi consola il vederti, e quai di Claudio
nuove liete m’apporti?

LESBO
Là del mar ne’ perigli
più che il perder sé stesso
la tua memoria afflitto lo rendea.
Invocava in aiuto
ciascuno i numi suoi, egli Popea.

POPEA
O caro Lesbo, esprimer abbastanza
non posso il rio dolore
che al cor donò sì dura lontananza:
momento non passò, ch’al mio pensiero
ei non fosse presente.
(Mio cor tu sai come la lingua mente.)

Scena sedicesima
Agrippina in disparte, Popea, Lesbo.

LESBO
Di lieta nuova apportator io sono.

AGRIPPINA
(Il servo è qui, s’ascolti.)
E che? Dimmi.

LESBO
Solo, tacito, e ascoso
in questa notte oscura
verrà Claudio da te.

POPEA
(Cieli che sento!)
Ma Agrippina.

LESBO
Non dubitar signora
io vigile custode
sarò per ogni parte.

POPEA
Che farò mai!

LESBO
Già l’ora s’avvicina:
dalla reggia non lunge egli m’attende
penosa a un cor, ch’adora
d’un sol momento la tardanza rende.

POPEA
Venga Claudio, ma sappia,
ch’il mio cor sebben suo
nella sua purità sempre è costante.
L’accolgo qual sovran, non qual amante.

LESBO
Io tanto non ricerco, io parto. Addio.

AGRIPPINA
(Il destino seconda il desir mio.)

Scena diciassettesima
Popea.
Perché invece di Claudio
il caro Oton non viene; ei più gradito
sarebbe al cor, che l’ama,
ma tardo arriva ognor, quel che si brama.
[N. 11 – Aria]
È un foco quel d’amore,
che penetra nel core,
ma come, non si sa.
S’accende a poco a poco,
ma poi non trova loco,
e consumar ti fa.
È un foco quel d’amore,
che penetra nel core,
ma come, non si sa.

Scena diciottesima
Agrippina, Popea.

Recitativo

POPEA
(Ma qui Agrippina viene,
che farò mai se Claudio giunge? Ahi pene.)

AGRIPPINA
Popea, tu sai, che t’amo, e a me comuni
son di pena, o piacer i casi tuoi.

POPEA
(Se Claudio vien, dal ciel imploro aita.)

AGRIPPINA
Spero, ch’il fine avrà la frode ordita.)
Dimmi senza rossor, Otone adori?

POPEA
Ah non oso Agrippina.

AGRIPPINA
A me confida
i sensi del tuo cor.

POPEA
È ver l’adoro.

AGRIPPINA
Sappi, ch’ei ti tradisce,
conscio che Claudio mira
con amor il tuo bello, ei si prevalse
d’un enorme delitto,
per secondar d’ambizione oscura
del cor gl’impulsi, egli te a Claudio cesse,
pur che cesare in soglio
oggi lieto l’adori il Campidoglio.

POPEA
E tanto è ver?

AGRIPPINA
E tanto
io t’assicuro, e del mio dir in prova
in questa notte ancora,
nascoso a te verrà Claudio fra l’ombre.

POPEA
(Ciò ad Agrippina è noto!)

AGRIPPINA
Senti, Claudio
tosto verrà, tu accorta
alla vendetta attendi.

POPEA
Che far degg’io?

AGRIPPINA
Procura,
che di Claudio nel core
penetri gelosia, mesta ti fingi;
di’, che Otone superbo
del nuovo grado audace
t’obbliga a non mirarlo, e te desia;
perché da sé lo scacci,
lusinghe, e vezzi adopra,
e s’egli amor pretende,
prometti amor, piangi, sospira, e prega;
nulla però concedi,
se prima al tuo desir ei non si piega.

POPEA
Tanto pronta sarò; ma se acconsente,
di mie promesse il frutto
vorrà goder, ed io qui inerme, e sola
come fuggir potrò sì gran periglio?

AGRIPPINA
Segui senza temer il mio consiglio.
[N. 12 – Aria]
Ho non so che nel cor,
che invece di dolor
gioia mi chiede.
Ma il cor uso a temer
o non intende ancor.
Le voci del piacer
o inganno del pensier
forse le crede.
Ho non so che nel cor,
che invece di dolor
gioia mi chiede.

Scena diciannovesima
Popea.

Recitativo
Cieli, quai strani casi
conturbano la mente, Otone, Otone
queste son le promesse, e i giuramenti?
Così il cor ingannasti,
che distinte per te soffrir godeva
le pene dell’amar? Così tradisci
per un vano splendor la fé sincera,
che a me dovevi, e audace
per soddisfar l’ambizioso ardire
offri me in olocausto al tuo desire?
[N. 13 – Aria]
Fa’ quanto vuoi
gli scherni tuoi non soffrirò.
Dentro al mio petto
sdegno e vendetta risveglierò.

Scena ventesima
Lesbo, Claudio, Popea.

LESBO
Non veggo alcun, signora,
Claudio è qui, non temer, vieni sicuro,
tutto è in muto silenzio.
Nemmen dell’aura il sussurrar qui s’ode.
A’ tuoi piacer Argo sarò custode.

Scena ventunesima
Claudio, Popea.
[N. 14 – Aria]

CLAUDIO
Pur ritorno a rimirarvi
vaghe luci, stelle d’amor.
Né mai stanco d’adorarvi
offro in voto e l’alma, e ‘l cor.
Pur ritorno a rimirarvi
vaghe luci, stelle d’amor.
Né mai stanco d’adorarvi
offro in voto e l’alma, e ‘l cor.

Recitativo
Ma oh ciel mesta, e confusa
a me nulla rispondi?
Qual pensier ti conturba?
Dell’amor mio già vedi
le prove più sincere;
deh la doglia del cor perché nascondi?
Parla o cara, rispondi.

POPEA
Del mio interno martir già che tu vuoi
ch’io scopra la cagion, sappi; ma oh dio
i singhiozzi del cor misti col pianto
(finge di piangere)
permettono che appena
si formi accento tra le labbra amaro.
(Così a mentir dalla vendetta imparo.)

CLAUDIO
Il tuo duol non celar, ciò che dipende
dal mio poter dispor, cara, tu puoi,
chiedi pur ciò che vuoi,
tutto a te dal mio amor sarà concesso.

POPEA
Ah che d’amarti più non m’è permesso.

CLAUDIO
E chi te ‘l vieta?

POPEA
Oh dio.

CLAUDIO
Scopri.

POPEA
Dir no ‘l poss’io.

CLAUDIO
E chi al parlar frappone
difficoltà? Dillo mio ben.

POPEA
Otone.

CLAUDIO
Otone?

POPEA
Otone sì, ch’ardito tenta
far violenza al mio core.

CLAUDIO
Tutto dì che mai sento! Oh traditore.

POPEA
Scoperse è già gran tempo,
gl’interni suoi desir, ma sempre invano:
la costanza in amarti
m’obbligò a disprezzarlo, e alfin noioso
ei seppe la cagion del mio rigore.
Ora superbo, e altiero
vanta, ch’al nuovo giorno
avrà del sacro allor il crine adorno.
Temerario comanda,
minaccia baldanzoso,
se a te mio ben rivolgo un sguardo solo.
Non è questa cagion d’immenso duolo?

CLAUDIO
E tant’oltre s’avanza?

POPEA
Togli cesare, togli ad un ardito
di regnar la speranza, e allor vedrai
fatto umile il superbo
a non osar di rimirarmi mai.

CLAUDIO
Tutto farò: non lagrimar cor mio.

POPEA
Me ‘l prometti?

CLAUDIO
Lo giuro.

POPEA
Otone dunque
cesare più non fia?

CLAUDIO
No, no cara.
In questa notte io voglio
di mia fé, del mio amor darti le prove,
vieni tra queste braccia;
fra dolci nodi avvinto
più soavi piacer l’alma destina.

POPEA
(Al cimento già son, dov’è Agrippina?)
(guarda per la scena)

CLAUDIO
Porgi la bianca destra ad un che t’ama.
Più non tardar di consolar mie pene.

POPEA
(Il periglio s’accresce
e Agrippina non viene.)
(guarda per la scena)

CLAUDIO
Che rimiri mio ben, già custodite
sono da Lesbo il fido
le regi soglie, vieni
ad appagar, o cara, il mio desire.

POPEA
(Né pur giunge Agrippina, ahi che martire.)
(ritorna a riguardar per la scena)
[N. 15 – Arietta]

CLAUDIO
Vieni o cara
che in lacci stretto
dolce diletto
amor prepara.
Vieni o cara
che in lacci stretto
dolce diletto
amor prepara.

Recitativo

POPEA
(Che mai farò?)

CLAUDIO
T’intendo
donna casta talor vuol per iscusa
che s’usi la violenza, al mio volere
non ripugnar cor mio.

Scena ventiduesima
Lesbo correndo, Claudio, Popea.

LESBO
Signor, signor presto fuggiamo: viene
la tua sposa Agrippina.

CLAUDIO
Crudo ciel.

LESBO
Non tardar.

POPEA
(Fuggon le pene.)

CLAUDIO
Lesbo, l’adito chiudi.

LESBO
Più non è tempo.

POPEA
Ah Claudio
di te, di me ti caglia,
parti signor se m’ami.

CLAUDIO
E sarò privo
del bramato piacer.

LESBO
Non più consiglio.

POPEA
(Giunge a tempo Agrippina al mio periglio.)
[N. 16 – Terzetto]

CLAUDIO
E quando mai?

POPEA
Quando vorrai.

LESBO
Partiam signor.

CLAUDIO
I frutti del mio amor
bella godrò!

POPEA
Quando vorrai.

LESBO
Partiam signor.

Recitativo

POPEA
Pur alfin se n’andò, lieto il mio core
oggi vedrai punito il traditore.

Scena ventitreesima
Agrippina, Popea.

POPEA
O mia liberatrice,
quanto a te devo, e quanto
da’ tuoi saggi consigli il frutto attendo.

AGRIPPINA
Nascosa il tutto intesi:
oggi sarem compagne a mirar liete
più il nostro, che di cesare il trionfo;
t’abbraccio amica, e in me tutto confida,
disponi o cara del mio cor che t’ama.
(Fortunata riuscì l’ordita trama.)

POPEA
Augusta il mio voler da te dipende.

AGRIPPINA
Quest’alma dal tuo amor legata pende.
[N. 17 – Aria]
Non ho cor che per amarti
sempre amico a te sarà.
Con sincero, e puro affetto
io ti stringo a questo petto,
mai di frodi, inganni, ed arti
sia tra noi l’infedeltà.
Non ho cor che per amarti
sempre amico a te sarà.

Scena ventiquattresima
Popea.

Recitativo
Se Otone m’ingannò, e s’egli ingrato
un dolce amor al fasto suo soggetta,
del cor offeso è giusta la vendetta.
[N. 18 – Aria]
Se giunge un dispetto
a’ danni del cor,
si cangia nel petto
l’amore in furor.
Non ama chi offende,
o lieve è l’amor,
o il cor si difende
da effimero ardor.
Se giunge un dispetto
a’ danni del cor,
si cangia nel petto
l’amore in furor.

Atto secondo

Scena prima
Strada di Roma contigua al palazzo imperiale apparata per il trionfo di Claudio.
Pallante, Narciso.

Recitativo

PALLANTE
Dunque noi siam traditi?

NARCISO
Amico, è vero
ciò, che a te dissi.

PALLANTE
E quel ch’io ti narrai
dubbio non ha.

NARCISO
Sia dunque
la fé tra noi, qual nell’inganno è d’uopo.

PALLANTE
Se delude Agrippina,
l’arte con lei s’adopri.

NARCISO
Sì, sì, la frode scopra
il finger nostro, e quel ch’a te ricerca,
a me pronto dirai, ed io prometto
a te fido svelar quanto a me chiede.

PALLANTE E NARCISO
A noi la destra sia pegno di fede.

PALLANTE
Otone giunge.

NARCISO
E questi
esser cesare deve.

PALLANTE
Già gl’ossequi di tutti egli riceve.

Scena seconda
Otone, Pallante, Narciso.
[N. 19 – Aria]

OTONE
Coronato il crin d’alloro
io sarò nel Campidoglio.
Ma più bramo il bel ch’adoro,
che non so corona, e soglio.
Coronato il crin d’alloro
io sarò nel Campidoglio.

Recitativo

PALLANTE
Roma più ch’il trionfo,
oggi signor la tua virtude onora.

NARCISO
Il tuo eccelso valor la patria adora.

OTONE
Virtù, e valor bastante aver vorrei,
per vedere felici
al Lazio i regni, e debellar nemici.

PALLANTE
Ma dall’alto discende,
per incontrar augusto,
Popea con Agrippina.

OTONE
Viene, chi è del mio cor diva, e regina.

Scena terza
Agrippina, Popea, Nerone, li quali discendono dal palazzo imperiale con Accompagnamento, Otone, Pallante, Narciso.
[N. 20 – Preludio]

Recitativo

AGRIPPINA
Ecco il superbo.

POPEA
Ecco l’infido.

NERONE
Miro
il rival, e ne sento
pien d’ira il cor.

AGRIPPINA
Popea fingiam.

POPEA
(Fingiamo.)

OTONE
Bellissima Popea,
pur al fine mi lice
nel tuo volto bear le luci amanti.

AGRIPPINA
(a Popea)
Come perfido egli è!

POPEA
(Cos’egli inganna.)

NARCISO
(Come il duol, ch’ho nel petto, il cor m’affanna.)

OTONE
Avrà di già Agrippina
del mio destin.

POPEA
Già intesi il tuo desire,
e quel, ch’a tuo favor oprano i fati.

AGRIPPINA
(a Otone)
Quanto chiedesti, io dissi. (Egli volea
ch’io scusassi l’error.)

POPEA
(Ah traditore.)

OTONE
Quei, che svelò Agrippina
sono i sensi del core, e ben vedrai,
che il piacere del trono
senza di te è un affanno.

NERONE
Vien Claudio.

AGRIPPINA
(Ei viene a tempo
perché celato ancor resti l’inganno.)
[N. 21 – Coro]

PALLANTE E NARCISO
Di timpani, e trombe
al suono giulivo
il giorno festivo
per tutto rimbombe.

NARCISO
Roma applauda il gran regnante.

CORO
Viva Claudio trionfante.

Scena quarta
Claudio sopra macchina trionfale, Agrippina, Popea, Nerone, Otone, Narciso, Pallante, Lesbo.

Recitativo

CLAUDIO
Nella Britania vinta
un nuovo regno al Lazio
incatenato io porto, e scelse invano,
per frastornar l’impresa,
quante tempeste ha ‘l mar, mostri la terra;
che toglier non potrà forza d’abisso
quel, ch’il destin di Roma ha già prefisso.
(discende dalla macchina)
[N. 22 – Aria]
Cade il mondo soggiogato
e fa base al roman soglio.
Ma quel regno fortunato,
ch’è soggetto al Campidoglio.
Cade il mondo soggiogato
e fa base al roman soglio.

Recitativo

AGRIPPINA
Signor, quanto il mio core
giubila nel mirarti, e queste braccia,
che di stringerti prive,
diedero a’ sensi miei sì grave pena,
ora forman d’amor dolce catena.

CLAUDIO
Amabile Agrippina,
pur ti ristringo al seno,
che l’alma nell’amar sempre costante,
qual consorte t’abbraccia, e qual amante.

POPEA
Cesare io pur l’alte tue glorie onoro.

CLAUDIO
Aggradisco il tuo dir (sai che t’adoro).

NERONE
Della mia fé divota
offro i tributi.

CLAUDIO
Figlio,
sei certo del mio amor.

NERONE
Ossequioso
venero le tue glorie.

PALLANTE
E de’ trionfi
spande fama immortal per tutto il suono.

CLAUDIO
Di Narciso, e Pallante
gl’affettuosi pensieri
noti mi sono.

OTONE
Alle tue piante, augusto,
ecco prostrato Otone il tuo fedele,
che là nel mar…

CLAUDIO
Che vuoi?

OTONE
Alla mia fede,
signor, attendo umile
la promessa mercede.

CLAUDIO
Ed hai ardir di comparirmi inante?

OTONE
Di qual fallo son reo?

CLAUDIO
Sei traditore.

PALLANTE E NERONE
Che sento mai?

AGRIPPINA
Va ben.

POPEA
Giubila o core.

OTONE
Io traditor? Io, che fra rischi ardito,
senza temer la morte,
dalla morte ti trassi; io traditore?

CLAUDIO
Non più, ch’al tuo fallire
giusta pena è il timor.

OTONE
Cieli, ch’intendo?

CLAUDIO
(Ma a chi vita mi diè la vita io rendo.)

OTONE
Deh tu Agrippina assisti.
[N. 23 – Aria]

AGRIPPINA
Nulla sperar da me
anima senza fé
cor traditore.
Fasto, che t’abbagliò
perché non t’additò
cotanto orrore.
Nulla sperar da me
anima senza fé
cor traditore.
(parte)

Recitativo

OTONE
E tu Popea, mio bene?
[N. 24 – Aria]

POPEA
Tuo bene è il trono
io non son più tuo ben.
È quello il tuo contento
ed io per te ne sento
la gioia nel mio sen.
Tuo bene è il trono
io non son più tuo ben.
(parte)

Recitativo

OTONE
Soccorri almen, Nerone.
[N. 25 – Aria]

NERONE
Sono il lauro che hai sul crine
le sciagure, e le ruine
tu non puoi già paventar.
Anch’il fulmine rispetta
quella fronda ch’è oggi eletta
la tua fronte a coronar.
Sono il lauro che hai sul crine
le sciagure, e le ruine
tu non puoi già paventar.

Recitativo

OTONE
Scherzo son del destin, Narciso amico,
compatisci quel duol, ch’il seno aduna

NARCISO
L’amico dura sol, quanto fortuna.
(parte)

OTONE
Abbi pietà tu almeno
di quest’alma penante.

PALLANTE
Chi ad augusto è nemico
è nemico a Pallante.
(parte)

OTONE
Lesbo fedel compiangi al mio dolore.

LESBO
Lesbo sdegna ascoltar un traditore.
(parte)

Scena quinta
Otone.
[N. 26 – Recitativo accompagnato]
Oton, qual portentoso
fulmine è questi? Ah ingrato
cesare, infidi amici, e cieli ingiusti:
ma più del ciel, di Claudio, e degl’amici
ingiusta, ingrata, ed infedel Popea.
Io traditor? Io mostro
d’infedeltà? Ahi cielo, ahi fato rio,
evvi duolo maggior del duolo mio?
[N. 27 – Aria]
Voi, che udite il mio lamento
compatite il mio dolor.
Perdo un trono, e pur lo sprezzo;
ma quel ben, che tanto apprezzo
ahi che il perderlo è tormento,
che disanima il mio cor.
Voi, che udite il mio lamento
compatite il mio dolor.

Scena sesta
Giardino.
Popea.
[N. 28 – Aria]
Spera alma mia,
che il tuo diletto
chiuda nel petto
fido, il suo amor.
Spera, ch’ei sia
tutto innocente;
s’egli non mente,
me ‘l dice il cor.
Spera alma mia,
che il tuo diletto
chiuda nel petto
fido, il suo amor.

Recitativo
Il tormento d’Otone
in me si fa tormento, io pur vorrei
sentir le sue discolpe.
Ma pensieroso, e mesto, ei qui se n’ viene,
forse a sfogar del cor l’acerbe pene.

Scena settima
Otone, Popea in disparte.

POPEA
(Par che amor sia cagion del suo martire,
per scoprir meglio il vero,
fingerò di dormire.)
(si pone non veduta a sedere presso una fonte fingendo di dormire)
[N. 29 – Arioso]

OTONE
Vaghe fonti, che mormorando,
serpeggiate nel seno all’erbe.
(vede Popea)
[N. 30 – Recitativo e arioso]

OTONE
Ma qui che veggo! Oh cieli.
Popea tra i fior riposa,
mentre al mio fiero duol non trovo posa.
Voi dormite o luci care,
e la pace gode il core.

POPEA
(finge sognarsi)
Otone traditore.

OTONE
Anche il sonno, oh dio, t’inganna,
perch’io sembri un infedele.

POPEA
(finge sognarsi)
Ingannator crudele.

OTONE
Dimmi almen, qual sia il fallire,
che cagiona il tuo rigore.

POPEA
Otone traditore.
(qui mostra di svegliarsi, e Otone si ritira in disparte)

OTONE
(Ella si sveglia udiamla.)
(Popea svegliata mostra parlar da sé)

Recitativo

POPEA
Fantasmi della mente,
voi ancor perturbate il mio riposo?
Voi supplice al mio al petto
l’indegno traditor mi presentate?
Che dirà in sua discolpa?
Negar forse potrà, che a Claudio ei cesse
tutto l’amor, tutta la fé promessa,
purché cesare al soglio
oggi Roma il vedesse in Campidoglio.

OTONE
(Cieli che sento mai.)

POPEA
Di’ pure, dimmi infido, e che dirai?
Testimonio sarà del tuo fallire
Agrippina regnante;
ch’un sovran cor mentire
non avrà la tua colpa ardir bastante.

OTONE
(Più soffrir non poss’io.) Ecco a’ tuoi piedi.
(Popea mostra partir, Otone la trattiene)
Fuggi? T’arresta o cara (ahi che cordoglio).
Sentimi almen.

POPEA
Sentir più non ti voglio.

OTONE
Ferma.

POPEA
Lasciami.

OTONE
Senti
prendi l’acciar, ch’alla tua destra io dono,
e se reo mi ritrovi
che tu m’uccida poi contento io sono.
(Popea prende la spada, e rivolta la punta verso Otone)

POPEA
Parla dunque; ma avverti,
che del fallo prescritta hai già la pena.
Se traditor tu sei,
cadrai vittima esangue in sull’arena.

OTONE
Già intesi non veduto
l’enormissima accusa,
che ti provoca a sdegno;
ch’io ti ceda ad altrui? E per un raggio
di cieca ambizione
te mio bel sole io perda?
Chi può crederlo mai, chi lo pretende?
Scettro, alloro non curo;
ver te fu sempre questo cor rivolto,
che val per mille mondi il tuo bel volto.

POPEA
Non so, se creder debba alle tue voci;
quanto io so, da Agrippina
svelato fu.

OTONE
Che sento!
Perfida iniqua donna,
cagion del mio languir, senti o Popea,
quanto sia di colei l’anima rea.

POPEA
Otone, or non è tempo,
né cauto il luogo, alle mie stanze vieni.
Il rigore sospendo,
se tu sei reo, ver te sarò inclemente;
e pietosa m’avrai, se tu innocente.
(gli rende la spada)
[N. 31 – Aria]

OTONE
Ti vuò giusta, e non pietosa,
bella mia nel giudicarmi.
Tutto son, tutto innocente;
se poi trovi il cor, che mente,
ti perdono il condannarmi.
Ti vuò giusta, e non pietosa,
bella mia nel giudicarmi.

Scena ottava
Popea.

Recitativo
Da quali ordite trame
ingannata fon’io? Già, già comprendo
le tue frodi Agrippina.
Per toglier ad Otone
di cesare l’allor, me deludesti,
ver Nerone è scoperto
il superbo pensier, che ti lusinga.
Nel duol non m’abbandono,
se vendetta non fo, Popea non sono.
[N. 32 – Aria]
Ingannata una sol volta
esser posso, ma non più.
Quando crede, il cor ascolta,
ma scoperta poi la frode,
fassi sordo, e più non ode
chi mendace un giorno fu.
Ingannata una sol volta
esser posso, ma non più.

Scena nona
Lesbo, Popea.

Recitativo

LESBO
Pur al fin ti ritrovo, impaziente
Claudio di rivederti, a te m’invia,
e alle tue stanze solo
favellarti desia.

POPEA
Che risolvi o pensier?

LESBO
Bella fa’ core,
che quanto ardito più, più piace amore.

POPEA
(Bel campo alla vendetta
m’offre il destin.) Accetto
il cesareo favor.

LESBO
Ei verrà dunque?

POPEA
Sì venga pur.

LESBO
Ad arrecar io volo
nuova così gradita al mio signore.

POPEA
(Cieli voi assistete al mio disegno.)

LESBO
(Oggi spero al mio oprar premio condegno.)

Scena decima
Popea.
A non pochi perigli
mi rendo, è ver, soggetta;
ma chi non sa temer, fa la vendetta;
il desio d’eseguirla
altro pensier alla mia mente addita.
Or qui vorrei Neron.

Scena undicesima
Nerone, Popea.

NERONE
Son qui mia vita.

POPEA
(O come amica forte
seconda i voti miei.) Senti Nerone;
già mille, e mille volte
del tuo amor, di tua fé giurasti il vanto;
dubbia del vero fui, ch’ha per costume
l’uom la donna ingannar, e si fa pregio,
la fralezza schernir con il dispregio.

NERONE
Non temer, o mia cara.

POPEA
Per ricever da te prove bastanti,
mal cauto è il loco, solo
alle mie stanze vieni, ivi se puoi
persuader il mio core,
in premio dell’amor attendi amore.

NERONE
O mia adorata.

POPEA
Taci
le mie offerte eseguisci, e le nascondi.
Fatto l’amor palese,
in vece di piacer produce affanno.
(Spero felice il meditato inganno.)
[N. 33 – Aria]
Col peso del tuo amor
misura il tuo piacer,
e la tua spene.
S’è fedele il tuo cor,
spera pur di goder,
e speri bene.
Col peso del tuo amor
misura il tuo piacer,
e la tua spene.

Scena dodicesima
Nerone.

Recitativo
Qual bramato piacere
mi s’offre dal destino?
Oggi spero baciar volto divino.
[N. 34 – Aria]
Quando invita la donna l’amante,
è vicino d’amor il piacer.
Il dir vieni ad un istante,
egli è un dir, vieni a goder.
Quando invita la donna l’amante,
è vicino d’amor il piacer.

Scena tredicesima
Agrippina.
[N. 35 – Aria]
Pensieri,
pensieri voi mi tormentate.
Ciel, soccorri ai miei disegni!
Il mio figlio fa che regni,
e voi numi il secondate!
Pensieri,
pensieri voi mi tormentate.

Recitativo
Quel ch’oprai è soggetto a gran periglio
creduto Claudio estinto,
a Narciso, e a Pallante
fidai troppo me stessa.
Otone ha merto, ed ha Popea coraggio;
s’è scoperto l’inganno,
di riparar l’oltraggio;
ma fra tanti nemici,
a voi frodi, or è tempo,
deh non m’abbandonate.
[N. 36 – Aria]
Pensieri,
pensieri voi mi tormentate.

Scena quattordicesima
Pallante, Agrippina.

Recitativo

PALLANTE
Sebben nemica sorte
non arrise a’ miei voti,
il cor però del tuo fedel Pallante
nell’opre sue si fe’ veder costante.

AGRIPPINA
Costante egli saria, se per me ancora
impiegar si volesse.

PALLANTE
E in che può mai
a’ tuoi cenni ubbidir? Bella comanda.

AGRIPPINA
Senti, son miei nemici
Narciso, e Oton; bramo, ch’entrambi al suolo
cadano estinti; vedi,
a quai rischio t’espongo.

PALLANTE
Nel servirti Agrippina
rischio non v’è, che non diventi gloria.
Ma che fia del mio amor?

AGRIPPINA
Pallante spera.

PALLANTE
(Ha nel seno costei cor di megera.)
[N. 37 – Aria]
Col raggio placido
della speranza
la mia costanza
lusinghi in me.
Così quest’anima
di più non chiede,
ch’è la sua fede
la sua mercé.
Col raggio placido
della speranza
la mia costanza
lusinghi in me.

Scena quindicesima
Agrippina.

Recitativo
Di giunger non dispero al mio desire.
Ma qui Narciso? Ardire.

Scena sedicesima
Narciso, Agrippina.

AGRIPPINA
Or è tempo o Narciso,
di poner fine all’opra:
Pallante, e Otone uniti
sono i nostri nemici.
Se amor nutri per me, s’è in te coraggio,
stabilita sarà la nostra sorte.

NARCISO
Che deggio far?

AGRIPPINA
Ad ambedue dar morte.

NARCISO
Tutto farò, ma infine
qual premio avrò?

AGRIPPINA
Confida, e tutto spera.

NARCISO
(Nutre costei in sen alma di fiera.)
[N. 38 – Aria]
Spererò, poi che me ‘l dice
il tuo labbro, o mia speranza.
Lo sperar d’esser felice
è bell’esca alla costanza.
Spererò, poi che me ‘l dice
il tuo labbro, o mia speranza.

Scena diciassettesima
Agrippina.

Recitativo
Per dar la pace al core,
semino guerre, ed odii.
Con Claudio è il fin dell’opra.
Egli qui vien; mio cor gl’inganni adopra.

Scena diciottesima
Claudio, Agrippina.

CLAUDIO
A vagheggiar io vengo o mia diletta,
lo strale del mio cor ne’ tuoi bei lumi.

AGRIPPINA
Vorrei della bellezza
aver superba il vanto,
per goder il tuo amor; ma dove manca,
supplisce il cor, che per te sol respira.
Ma oh dio, nel sen s’aggira
un interno dolor, che mi tormenta,
e rende nel timor l’alma scontenta.

CLAUDIO
Qual t’assale timor? Scoprilo o cara.

AGRIPPINA
Preveggo in gran periglio
del viver tuo la sicurezza, e parmi
d’ogn’intorno sentir strepito d’armi.

CLAUDIO
E chi può ardito in Roma
macchinar tradimenti?

AGRIPPINA
Ah mio diletto,
freme Otone di sdegno;
ad ognun fa palese il grave torto.
Se pronto ad ammorzar picciola fiamma
non accorri veloce,
nasceran dall’incendio alte rovine.

CLAUDIO
Che mi consigli?

AGRIPPINA
È d’uopo
sveller dal suol radice velenosa;
sinché Otone ha speranza
di salir sopra il soglio, il core altiero
macchine tenterà, frodi, ed inganni,
troverà parziali
mossi dall’interesse, e la vil plebe
offuscata dall’oro
vorrà, ch’ei cinga il crin del sacro alloro.
Il disegno confondi;
l’artificio previeni;
nuovo cesare acclama, immantinente
abbandonato ei sia,
che s’adora da ognuno il sol nascente.

CLAUDIO
Ma chi porrò sul trono,
senza temer, che di regnare amante,
ingrato al beneficio egli non sia?
L’autorità compagna ha gelosia.

AGRIPPINA
Credi o Claudio, ch’io t’ami?

CLAUDIO
Son certo del tuo cor.

AGRIPPINA
Dunque non devi
altri innalzar per cesare di Roma
che il mio figlio Nerone, egli ubbidiente
sarà sempre a’ tuoi cenni,
il rispetto ver me, che gli son madre,
l’ossequio al cor darà ver te qual padre.

CLAUDIO
Approvo il tuo pensier; pensier accorto.

AGRIPPINA
(Coraggio o cor; siamo vicini al porto.)
Non ammetter dimora.

CLAUDIO
Lascia, ch’io ben rifletta
all’importante affar.

AGRIPPINA
Grave periglio.

CLAUDIO
Tutto farò, ma lascia.

AGRIPPINA
Ah non è tempo
d’un indugio maggior.

Scena diciannovesima
Lesbo, Claudio, Agrippina.

LESBO
(a Claudio a parte)
Signor, Popea.

CLAUDIO
(a Lesbo)
Parlasti?

LESBO
(a Claudio)
Ella t’attende.

AGRIPPINA
Periglioso si rende
il perder un momento.

CLAUDIO
Non dubitar sarà il tuo cor contento.

AGRIPPINA
Ma quando?

LESBO
Vieni tosto signor.

CLAUDIO
Vengo.
Sarà ben tosto. Addio;
altro affare mi porta in altro loco.

AGRIPPINA
No, no, non partirai, se a me tu prima
ciò non prometti.

LESBO
Il tempo passa.

CLAUDIO
Vengo.
Sì, sì, sarà; prometto.

AGRIPPINA
In questo giorno
cesare fia Neron assiso in soglio?

CLAUDIO
In questo dì sarà.

AGRIPPINA
(Altro non voglio.)
[N. 39 – Aria]

CLAUDIO
Basta, che sol tu chieda,
per ottener da me,
bocca amorosa.
Solo, che il cor ti veda,
tutto si perde in te,
guancia vezzosa.
Basta, che sol tu chieda,
per ottener da me,
bocca amorosa.

Scena ventesima
Agrippina.

Recitativo
Favorevol la sorte oggi m’arride:
purché cesare sia l’amato figlio,
s’incontri ogni periglio.
[N. 40 – Aria]
Ogni vento, che al porto lo spinga,
benché fiero minacci tempeste,
l’ampie vele gli spande il nocchier.
Regni il figlio mia sola lusinga;
sian le stelle in aspetto funeste,
senza pena le guarda il pensier.
Ogni vento, che al porto lo spinga,
benché fiero minacci tempeste,
l’ampie vele gli spande il nocchier.
Versione originale dell’aria di Agrippina
Nella scena XIII.

AGRIPPINA
Pensieri,
pensieri voi mi tormentate.
Numi eterni, ch’il ciel reggete,
i miei voti raccogliete,
la mia speme secondate.
Pensieri,
pensieri voi mi tormentate.

Atto terzo

Scena prima
Stanza di Popea con porta in facciata, e due altre per parte.
Popea.

Recitativo
Il caro Otone al precipizio io spinsi;
ma inganno meditato
la vendetta nel cor oggi rinchiuse,
per deluder colei, che mi deluse.

Scena seconda
Otone, Popea.

OTONE
Ah mia Popea, ti prego,
non mi sia di delitto
un fiero tradimento:
donna rea m’ingannò; quando a’ mie preci
del mio amor, di mia fede esser promise
protettrice pietosa.
Del mio amor son seguace, altro non curo,
e a te, mio ben, eterna fede io giuro.

POPEA
Ed io con quanto ho mai di core in petto
anima mia, l’accetto.
Per far nostra vendetta,
la macchina disposi, e s’io del male
fui la cagion, a me di ripararlo
conviene ancora. Qui t’ascondi, e taci.
Non temer di mia, fede,
di ciò, ch’io dica, o faccia,
non ti render geloso.
Soffrir devi per poco un rio tormento,
che in altrui farà pena, e in te contento.
[N. 41 – Aria]

OTONE
Tacerò
purché fedele
nel tuo sen conservi amor.
Soffrirò,
benché crudele,
contro me sia il tuo rigor.
Tacerò
purché fedele
nel tuo sen conservi amor.
(si nasconde in una porta coperta da portiera)

Scena terza
Popea.

Recitativo
Attendo qui Nerone, e Claudio ancora.
Quest’alma impaziente già s’è resa
di vendicar l’offesa.

Scena quarta
Nerone, Popea, Otone nascosto.

NERONE
Anelante ti reco, o mia diletta,
a ricever mercé l’alta mia fede.

POPEA
Veggo ben, ch’il tuo ardor nella tardanza
stimoli a te non diede;
quel, che a te destinai, tempo felice,
trascorse già; del cor con pena, è d’uopo
differirne l’effetto;
ma, oh dio, temo.

NERONE
Di che?

POPEA
Che qui Agrippina
porti il piede, e ci scopra.
(guarda per la scena)

NERONE
Qui dée venir la madre?

POPEA
Ed in brev’ora;
ma acciò, che tu comprenda
i sensi del mio cor, vedi qual prova
io te ne dono, quivi
vuò, che t’asconda, e attendi
fin, ch’ella parta, e all’ora
sciolta da ogni timore
vedrai quanto Popea t’ama, e t’adora.

NERONE
Qual già dolce piacer nel seno io sento.

OTONE
(Sempre più in me s’accresce il rio tormento.)
[N. 42 – Aria]

NERONE
Con l’ardor del tuo bel core
fa’ più rapidi i momenti
che famelico il mio amore
troppo è già de’ suoi contenti.
Con l’ardor del tuo bel core
fa’ più rapidi i momenti
che famelico il mio amore
troppo è già de’ suoi contenti.
(si nasconde in una porta coperta da portiera dirimpetto a quella dove sta Otone)

Scena quinta
Popea.

Recitativo
Amico ciel seconda il mio disegno.
Credo, ch’Otone il core
avrà pieno di sdegno;
ma soffrir sempre dée chi ha in petto amore.

Scena sesta
Lesbo, Claudio, Popea, Nerone, Otone nascosti.

LESBO
Qui non v’è alcun, signore
la piaga, ch’hai nel cor, sana d’amore.

POPEA
Claudio tu mi lusinghi,
però davver non m’ami.

CLAUDIO
Come? Dubbiosa ancora
vivi dell’amor mio? Cara vedesti
quel, ch’io feci per te.

POPEA
Di’, che facesti?
Ogn’or più ardito, e audace
io provo il turbator della mia pace.

CLAUDIO
Forse ancor insolente
no ‘l ritiene il castigo?

POPEA
E qual castigo?

CLAUDIO
Ei balzato dal soglio
nutre ancor tant’orgoglio?

POPEA
Non intendo signor, ei più che mai
di salirvi ha speranza.

CLAUDIO
E risiede in ton tanta baldanza?

POPEA
D’Oton, signor, che parli?
Ah Claudio già comprendo
la mia sorte fatal la mia sventura.
(finge di piangere)

CLAUDIO
Bella tu piangi? Dimmi
che deggio far? Imponi.
Come già ti promisi
dalle tempia d’Oton tolsi l’alloro.

NERONE
(Che pena è non udir?)

OTONE
(Soffro, e non moro.)

POPEA
Dalle tempia d’Otone?

CLAUDIO
D’Otone sì, che ardito
leggi al tuo cor impone.

POPEA
Oton, signor, non fu.

CLAUDIO
Ma chi?

POPEA
Nerone.
Per Nerone esclamai;
ei mi vietò di non mirarti mai.

CLAUDIO
Come? Otone dicesti.

POPEA
Nerone dissi, signor, male intendesti.

CLAUDIO
Nerone? Come s’accorda
il desio di regnar, lo scettro il soglio?
Tu m’inganni o Popea.

POPEA
Io cesare ingannarti! E che? Non sai,
ch’il desio d’Agrippina,
pria che giungessi, in Roma,
sieder lo fe’ sul trono, ed acclamato
cesare fu? Meco tu fingi ancora?

NERONE
(E ancor non parte, o ciel.)

OTONE
(Il duol m’accora.)

CLAUDIO
Che mi narri di strano!
Ma non dicesti Oton? Dimmi rispondi?

POPEA
Signor, forse prendesti
con equivoco il nome;
han Nerone, ed Otone un egual suono.

CLAUDIO
Quel, ch’io creda non so, stupido sono.

POPEA
Dubiti ancor? Ognuno
del mio dir farà fede, e se tu vuoi,
darò prove evidenti,
che del mio cor l’insidiator molesto
è sol Neron; ma poi
e che farai signor?

CLAUDIO
Le tue vendette.

POPEA
Ciò mi prometti?

CLAUDIO
Giuro.

POPEA
E tanto io da te spero.
Vedrai se ho cor mendace, oppur sincero.
Vieni meco signor. E qui t’arresta.
(Popea conduce Claudio dentro alla porta, ch’è in faccia, e poi va ove è Nerone, ed apre la portiera)

NERONE
(Claudio partì?)

OTONE
(Quanto il tardar molesta.)

POPEA
Nerone dove sei?

NERONE
Son qui mia vita.

Scena settima
Claudio, Popea, Nerone, Otone nascosto.

CLAUDIO
Temerario insolente.

NERONE
O cieli, aita.

CLAUDIO
Sin nella reggia stessa
baldanzoso garzon, osi impudico
alle vergini eccelse
usar gl’insulti, e ardito.

NERONE
Odi signore.

CLAUDIO
Taci.

POPEA
(Contenta son.)

OTONE
(Giubila o core.)

CLAUDIO
Parti da mia presenza,
né ardir mai più di comparirmi inante.
(Nerone parte, e Popea gli si accosta)

POPEA
Va’ ad Agrippina, e di’.

NERONE
(Ahi crudo fato.)

POPEA
(Che chi cerca ingannar resta ingannato.)

NERONE
(nel partire)
(Quale ad augusto cor, empia, s’aspetta,
Agrippina saprà far la vendetta.)

Scena ottava
Claudio, Popea, Otone nascosto.

POPEA
Ora Claudio che dici?

CLAUDIO
Io son convinto.

POPEA
Il mio sincero cor ora discopri.
(Per togliermi da Claudio, arte s’adopri.)
Ma d’Agrippina tutte
lassa, parmi veder sciolte le furie.
Pien di sdegno Nerone
alla madre ricorre; ah che mi veggo
circondata d’affanni.

CLAUDIO
Nulla o cara temer, asciuga il ciglio.

POPEA
Io sono per tuo amor in gran periglio.
Cesare, or non è tempo;
la mia mente confusa
non distingue gioire;
verrà tosto Agrippina, ahi che martire.

CLAUDIO
No non verrà.

POPEA
Deh parti;
nulla otterrai da me.

CLAUDIO
Sempre infelice
sarà dunque il mio amor?

POPEA
Della consorte
tempra prima il rigor; fa’ che sicura
io sia dal suo furore,
allor chiedi, e saprai qual sia il mio core.
[N. 43 – Aria]

CLAUDIO
Io di Roma il Giove sono,
né v’è già chi meco imperi
van raminghi a piè del trono
dov’io son, gl’altrui pensieri.

Scena nona
Popea, che guarda per accertarsi della partenza di Claudio.

Recitativo
Alfin ei se n’andò, deh quanto alletta
il cor dolce vendetta.
Claudio partì, dubbio non v’è d’inganno;
volo a trar il mio ben dal lungo affanno.
(apre la portiera, dove sta nascosto Otone)

Scena decima
Popea, Otone.

POPEA
Ora Otone che dici?
Vedi come schernito
restò Nerone, e come d’Agrippina
si vendicò il mio cor; vedi, ch’io sprezzo
il regnator del mondo,
e per te sol mio bene
vivo involta d’amor tra le catene.

OTONE
Catene fortunate,
se ci stringono insieme, e in nodi eterni
per la mano d’amore
formano di due cori un solo core.

POPEA
Sperar dunque poss’io
da te fede sincera?

OTONE
Pria, che mancarti o bella,
mille volte morrò.

POPEA
Ciò mi prometti?

OTONE
E unisco alle promesse il giuramento;
scagli fulmini il ciel, cara, se mento.

POPEA
Ma se Claudio?

OTONE
No ‘l curo.

POPEA
Agrippina, Neron?

OTONE
Io gli disprezzo.

POPEA
Lo splendore del soglio?

OTONE
Pur, ch’io ti stringa al sen tutto abbandono.

POPEA
A te mio ben offro me stessa in dono.
[N. 44 – Aria]

OTONE
Pur ch’io ti stringa al sen
mio caro, e dolce ben,
io son contento.
Senza di te mio cor
è tutto in me dolor
e rio tormento.
Pur ch’io ti stringa al sen
mio caro, e dolce ben,
io son contento.

Recitativo

POPEA
Piega pur del mio cor nel dolce nido
placido le tue piume o mio cupido.
[N. 45 – Aria]
Bel piacere,
è godere
un fido amor.
Questo fa contento il cor;
di bellezza
non s’apprezza
lo splendor
se non vien da un fido ardor.
Bel piacere,
è godere
un fido amor.

Scena undicesima
Salone imperiale.
Agrippina, Nerone.

Recitativo

AGRIPPINA
Cotanto osò Popea?

NERONE
Come narrai,
m’allettò, m’invitò, m’accolse, e poi
a cesare scoprimmi,
egli freme, essa ride, ed io tremante
a te ricorro o madre,
per sottrarmi allo sdegno
di Claudio, e al mio periglio.
Egli è sposo, tu madre, ed io son figlio.

AGRIPPINA
Ah mal cauto Nerone,
allor, ch’io tutti adopro
per innalzarti al trono arti, ed inganni,
tu seguace d’un cieco,
e folle amor, al precipizio corri?

NERONE
È vero, errai; ma l’arti tue, e gl’inganni
già discoprì Popea.
Vanne, ella disse, ad Agrippina, e dille,
che chi cerca ingannar resta ingannato.

AGRIPPINA
Non perciò tutta ancora
languisce la mia speme;
figlio mora nel seno
la fiamma indegna; guarda
qual nemica Popea; del tuo pensiero
degno oggetto non sia, che il solo impero.
(parte)
[N. 46 – Aria]

NERONE
Come nube, che fugge dal vento
abbandono sdegnato quel volto.
Il mio foco nel seno è già spento,
di quest’alma già il laccio è disciolto.
Come nube, che fugge dal vento
abbandono sdegnato quel volto.

Scena dodicesima
Pallante, Narciso.

Recitativo

PALLANTE
Evvi donna più empia.

NARCISO
E qual rigore?
Nutrir si può maggior dentro ad un core?
E che farem?

PALLANTE
È d’uopo
tutto a Claudio scoprir; egli ha per noi
bontà, ch’ogn’altra eccede;
si prevenga l’accusa,
e d’augusta l’error a noi sia scusa.

NARCISO
In così gran periglio
approvo il tuo consiglio.

PALLANTE
Ma qui se n’ viene augusto.

NARCISO
Amico, è questo il tempo,
ch’adopri del tuo dir l’arte faconda.

PALLANTE
Lascia la cura a me; tu mi seconda.

Scena tredicesima
Claudio, Pallante, Narciso.

CLAUDIO
Agrippina, Nerone, Oton, Popea,
nell’accuse discordi
conturban la mia quiete;
né so chi dice il vero, oppur chi mente,
perché provi chi è reo, giusto rigore.

PALLANTE
Alle auguste tue piante,
signor, ecco prostrato
l’infelice Pallante.

NARCISO
Per difender sua vita
chiede da te Narciso, augusto, aita.

CLAUDIO
Miei fidi, e quale insidia
contro di voi si tenta?
Che fia? Scoprite.

PALLANTE
Umile
per la nostra discolpa
porgo, signor, l’accusa;
poiché sol d’Agrippina
la minaccia è ver noi d’alta rovina.

CLAUDIO
Per qual cagion?

PALLANTE
Sul trono
pria, che giungessi in Roma,
qual cesare ella fe’ sieder Nerone;
di nostr’opra si valse;
ma chi opra per inganno, è senza colpa.

NARCISO
Di tua morte il supposto è a noi discolpa.

CLAUDIO
Agrippina tant’osa? Ora confermo
ciò, che disse Popea; entro la reggia
son domestici occulti i miei nemici,
la tema al cor giusto sospetto infonde,
e fra tante vicende ei si confonde.
Voi siete fidi; il braccio mio possente
di scudo a voi sarà; non più timore.

Scena quattordicesima
Agrippina, Claudio, Pallante, Narciso.

AGRIPPINA
Adorato mio sposo; è questi il giorno,
in cui di tue promesse attendo il fine;
a Nerone l’alloro oggi destina,
e a’ tuoi piedi prostrato
ogni rubel vedrai.

PALLANTE
(Non già Agrippina.)

AGRIPPINA
Sdegnoso mi favella.
Già il periglio t’è noto;
e il rimedio sicuro è a te palese;
signor, che tardi più? Pronto ripara
l’imminente rovina,
i nemici reprimi.

PALLANTE
Ed Agrippina?

AGRIPPINA
(Dissimular non giova.
Qui è Narciso, e Pallante;
superi un pronto ardir ogni riguardo?)

PALLANTE E NARCISO
(Come volge ver me sdegnosa il guardo.)

AGRIPPINA
Dal tuo dir già suppongo
l’arte accorta de’ miei, de’ tuoi nemici.
Parla, parla, discopri
qual dello sdegno tuo sia la cagione.

PALLANTE
Cesare lo dirà; lo sa Nerone.

AGRIPPINA
Ah Claudio, ora m’avveggo,
ch’ancora il ben oprar talora è colpa.

NARCISO
(Or che dirà?)

PALLANTE
(Sentiam la sua discolpa.)

CLAUDIO
Tu chiami ben oprar tentar audace
d’usurparmi l’impero, e colto il tempo
della mia lontananza,
por Nerone sul trono?
Qual scusa addur potrai, che ti ricopra?

AGRIPPINA
Le scuse non adopra un cor sincero.
Quel che dici, signor, il tutto è vero.

PALLANTE
L’error confessi ardita?

AGRIPPINA
Error non è il salvarti, e trono, e vita.
Godo, che qui presenti
sian Narciso, e Pallante.

NARCISO
(Che fermezza ha costei.)

PALLANTE
(Che cor costante.)

AGRIPPINA
Precorse, lode al ciel, fama bugiarda,
che nel fatal naufragio
tua vita ancor perisse
già le milizie, il popolo, il senato
rivolta al successor avean la mente.
Vidi, che un cor altiero alzato al soglio,
con quella novità, che sempre piace,
formava un gran nemico alla tua pace.
Per riparar al danno,
acclamar feci il figlio;
egli al soglio salì; ma ciò fu solo
per conservarlo a te, caro mio sposo.
Nel difender tua vita,
per mantenerti in trono,
io la nemica, io la rubella sono.

PALLANTE
(Quanto è scaltra costei.)

NARCISO
(Quant’ella è accorta.)

AGRIPPINA
E Pallante, e Narciso
del mio oprar faccian fede,
forse voi non richiesi
per assister all’opra.
Dite pur, se all’avviso,
che il ciel Claudio salvò, Nerone umile,
non discese dal soglio.
S’egli unito a mie voci
non fe’ da tutta Roma
i viva risuonar di Claudio al nome.
Parli d’ogn’un di voi il cor sincero.

CLAUDIO
E voi, che dite?

PALLANTE E NARCISO
Signor, il tutto è vero.

AGRIPPINA
E chi fuor, ch’il mio figlio,
una volta regnante
dall’aura popolar fatto superbo,
ceduto avria lo scettro?
Per difender tua vita,
per mantenerti in trono,
io la nemica, io la rubella sono?

CLAUDIO
(Mi confonde Agrippina,
dai stessi accusatori ella è difesa.)

NERONE
(Stupido son.)

PALLANTE
(Della sua colpa ha merto.)

CLAUDIO
Di tua fé, del tuo amor, cara son certo.

AGRIPPINA
Ma, oh dio, certa io non sono
né di tua fedeltà, né del tuo amore.
Penso che presso te fatta son rea,
perché il tuo cor ascolta.

CLAUDIO
E chi?

AGRIPPINA
Popea;
duolmi sol, che l’inganno
a te non sia palese.

CLAUDIO
Scoprilo pur.

AGRIPPINA
Costei
vagheggiata da Otone…

CLAUDIO
Agrippina t’inganni; egli è Nerone.
Olà vengano tosto
Oton, Neron, Popea.

AGRIPPINA
Vedrai, s’io ti tradisco o s’ella è rea.
(Ciò, che deve avvenire io già preveggo.)

CLAUDIO
Fra tanti avvenimenti
sarò, chi è contumace;
vuò, che viva nei cor riposo, e pace.
[N. 47 – Aria]

AGRIPPINA
Se vuoi pace o volto amato
l’odio reo, fuga da te.
Guarda in me nume adorato
il mio amore, e la mia fé.
Se vuoi pace o volto amato
l’odio reo, fuga da te.

Scena quindicesima
Otone, Nerone, Popea, Claudio, Agrippina.

Recitativo

AGRIPPINA
(Ecco la mia rivale.)

POPEA
(Ecco quell’empia
cagion di doglia ria.)

NERONE
(Che sarà mai di me?)

OTONE
(Cieli, che fia?)

CLAUDIO
Vedi, Agrippina, il figlio
quell’ardito garzon, che nella reggia
delle vergini eccelse
tenta offender l’onor.

AGRIPPINA
T’inganni, augusto.

CLAUDIO
No, non m’inganno no, l’error confessa.
Di Popea nelle stanze
non ti trovai nascoso?

AGRIPPINA
Cieli, che sento mai!

NERONE
(Parlar non oso.)

CLAUDIO
Accusa col silenzio il suo delitto.
Tu l’attesta o Popea con cor sincero.

POPEA
Lo vedesti signor, purtroppo è vero.

AGRIPPINA
(L’arte ancor di costei sarà ingannata.)

OTONE
(Come accorta Popea s’è vendicata.)

CLAUDIO
Vuò, che colpa palese,
palese abbia l’emenda.

AGRIPPINA
(Spera ancora il mio cor.)

POPEA
(Oh quanto io godo.)

CLAUDIO
Di Nerone, e Popea
stringa dolce imeneo l’illustre nodo.

POPEA
(Che sento mai!)

AGRIPPINA
(Che intendo!)

NERONE
A tue grazie, signor, vinto mi rendo.

OTONE
Ecco prostrato o augusto
quell’Otone infelice.

CLAUDIO
Omai t’accheta.
Ebbi delle tue colpe il disinganno,
ti promisi l’alloro,
cesare tu sarai.

AGRIPPINA
(Sento, e non moro!)

OTONE
Io l’alloro rifiuto,
di regnar non mi curo, e solo apprezzo
la mia cara Popea;
se di darti la vita ebbi la sorte,
nel togliermi il mio ben, tu mi dai morte.

AGRIPPINA
Ora vedi, chi sia, che ha l’alma rea
s’è Nerone od Oton, ch’ama Popea.

CLAUDIO
E tu Neron, che dici?

NERONE
Ubbidiente io sono alle tue voglie;
ma doppio mio castigo
è il togliermi l’impero, e darmi moglie.

POPEA
E con me non si parla?
Scettri, regni, ed imperi abbia Nerone,
d’altri mai non sarò, fuor che d’Otone.

CLAUDIO
Io dei vostri desir volli far prova.
(a Nerone)
Se lasci per l’allor volto divino…
(a Otone)
Se sprezzi per amor di Roma il trono…
ai posteri sarete
dell’amar, del regnar, eroi ben degni.
Cesare sia Neron, tu stringi Otone
la tua Popea costante.
(Ho sciolto il cor, s’ell’è d’un altro amante.)

POPEA E NERONE
Felice son.

OTONE
Più il duol non mi tormenta.

AGRIPPINA
(Or che regna Neron, moro contenta.)

CLAUDIO
Abbian termine gli odii, e Roma applauda
a questo dì bramato,
ch’ognun rende contento, e fortunato.
Dall’augusto mio genio
per gli eccelsi sponsali
della bella Popea pronuba Giuno
già s’invitò nell’apparato illustre.
Ella omai scenda, e Roma
intrecci di Neron lauri alla chioma.
Qui scende Giunone con suoi Seguaci.
[N. 48 – Coro]

CORO
Lieto il Tebro increspi l’onda
sotto i rai del novo allor.
E festeggi sulla sponda,
pien di gioia il dio d’amor.

Recitativo

GIUNONE
D’Oton, e di Popea sul lieto innesto
scende Giuno dal cielo a sparger gigli;
e nel talamo eccelso io lieta appresto
vassalli a Claudio, e all’alta Roma i figli.
[N. 49 – Aria]
V’accendono le tede
i raggi delle stelle;
esse per tanta fede
risplendono più belle.
V’accendono le tede
i raggi delle stelle;
esse per tanta fede
risplendono più belle.
Segue il ballo di Deità seguaci di Giunone.

Fine del libretto.

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