Gli Orazi e i Curiazi

Tragedia per musica.

Libretto di Antonio Simeone Sografi.
Musica di Domenico Cimarosa.

Prima esecuzione: 26 dicembre 1796, Venezia, Teatro La Fenice.
Video dell’opera

Interlocutori:

ORACOLO basso
TULLO OSTILIO III, re di Roma altro
MEZIO SUFFEZIO dittatore d’Alba altro
PUBLIO ORAZIO padre degli Orazi tenore
MARCO ORAZIO suo figlio tenore
ORAZIA sorella di Marco Orazio contralto
CURIAZIO sposo d’Orazia soprano
SABINA sorella di Curiazio, moglie di Marco Orazio soprano
L’AUGURE sommo basso
LICINIO amico degli Orazi soprano
Il SACERDOTE DI GIUNONE basso

Due altri Orazi, figli di Publio Orazio, che non parlano. Due Curiazi, che non parlano. Cori di Senatori romani, Albani, Auguri, Popolo. Comparse: Ministri, Matrone, Sacerdoti, Cavalieri, Littori, Vestali, Politici, Militari.

L’azione si finge in Roma.

Libretto – Gli Orazi e i Curiazi

Atto primo

Scena prima
Atrio esteriore del tempio di Giano, con porta laterale aperta che introduce nel tempio stesso, e che a suo tempo si chiude. Sabina con séguito di Matrone romane in mezzo a numeroso Popolo, addrizzando verso il cielo e verso il tempio il seguente:

CORO
Odi, o ciel, i nostri lai,
vedi, o nume, i nostri affanni:
sino a quando i propri danni
Roma afflitta piangerà!
(alternativamente)
Va scemando in ogni petto…
va crescendo in ogni core…
il valore…
lo spavento…
Ah di pace il dolce accento
quando, o ciel, s’ascolterà!
Rimangono mestamente in silenzio tutti gli Attori suddetti allorché, scossi dall’improvviso lietissimo strepito che supponesi udir dentro del tempio, manifestano alcuni la sorpresa, alcuni altri l’allegrezza, ecc.
Ma quai risuonano giulivi canti!
Quai trombe s’odono! che mai sarà!

Scena seconda
Esce l’Augure sommo con il séguito d’Auguri.
Si chiude la porta del tempio.
L’Augure si unisce lietamente sclamando cogli altri.

CORO
Cessino i palpiti, tergansi i pianti,
di Roma il fato si cangerà.

L’AUGURE
Sì, Romani, de’ numi
omai chiaro è il voler. A noi, cui dato
è il penetrar gli alti segreti, alfine
il ciel parlò. Del Tebro oggi la sorte
sarà decisa: Alba fia vinta e doma
e dovrà i padri venerar di Roma.

SABINA
O tu, che con tai detti
il cor di gioia e di dolor m’inondi,
a Sabina rispondi:
de’ Curiazi qual sarà la sorte?
Dell’amato consorte,
d’Orazio che sarà? Per quelli io debbo
di nuovo palpitar? Per questo ancora
temer, gelar degg’io?

L’AUGURE
D’appagar m’è vietato il tuo desio.
Non smarrirti però; dubbie all’inchieste
fur le risposte, e sol non dubbio e chiaro
lessi dell’avvenir ne’ cupi arcani
che inaspettati e strani
decreti del destino
apron oggi alla gloria un gran cammino.
L’alto genio di Roma nascente
vidi errando su questo e quel colle,
e la fronte maestosa che estolle
splender vidi di sacro fulgor.
Non illude quel raggio verace,
non inganna la nobil cervice;
l’una e l’altro già chiaro mi dice:
sorge Roma alle palme d’onor.
(parte col séguito degli auguri)

Scena terza
Sabina con il suo Séguito.

SABINA
Oh cara patria! Oh i miei germani! e quale
sarà il vostro destin!… Incauta! ah dove
dai sfogo al tuo dolor?… Sposa d’Orazio,
romana già, come i nemici sui
compianger osi e non tremar di lui!
Patria, natura, affetti
soavi, ma fatali al dover mio,
fuggitevi da me: per sempre addio.

Scena quarta
Publio Orazio, Sabina.

PUBLIO ORAZIO
A che tardi, Sabina? Ignori forse
che in pacifica tregua
è Roma in questo dì? Che Mezio e Tullo
agitan l’alto affar? Che il tuo germano
ad Orazia diletta
or or verrà per offerir la mano?

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