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Libretto “I Rantzau” di Pietro Mascagni

I Rantzau

Opera in quattro atti

Versi di Giovanni Targioni-Tozetti e Guido Menasci
Musica di Pietro Mascagni

Prima rappresentazione: 10 novembre 1892, Teatro La Pergola di Firenze.
Fonti letterarie: dal romanzo “Les Deux Frères” (I due fratelli) di Emile Erckmann.

Personaggi

GIANNI RANTZAU, possidente, Baritono
GIACOMO RANTZAU, sindaco, Basso
FIORENZO, maestro di scuola, Baritono
GIORGIO, figlio di Giacomo, Tenore
LEBEL, comandante forestale, 2° Tenore
LUISA, figlia di Gianni, Soprano
GIULIA, figlia di Fiorenzo
Contadini, contadine e guardie forestali.

Un villaggio nei Vosgi, v’erso l’anno 1830.

Libretto – I Rantzau

ATTO PRIMO

LA PIAZZA DFL VILLAGGIO. – A destra dello spettatore, nel
fondo, la casa di Giacomo ; più innanzi il Municipio. A sinistra,
nel fondo, la casa di Gianni, più innanzi quella di Fiorenzo. Sul
davanti, sempre a sinistra, una fontana.

SCENA PRIMA.
IL CORO.

DONNE.
È Tornato allegro il sole
cogli ardenti raggi d’oro ;
spuntan pallide viole,
fan li uccelli un lieto coro.
Son le rondini tornate
su le gronde, ai vecchi nidi,
e con rapide volate
empion l’aria dei lor gridi.

UOMINI.
È primavera, i mandorli fioriscono,
ed una mite ombria preparan già;
diteci, belle giovani,
l’innamorato chi di voi non l’ha?
L’innamorato che di gigli candidi
v’abbia fatto ghirlanda al limitar,
che all’orecchio vi mormori
come sia bello e dilettoso amar,

FIORENZO, GIULIA e il CORO.
(Fiorenzo e Giulia escono di casa,
ed il Coro si aggruppa intorno a Fiorenzo).

ALCUNI DEL CORO.
Oh maestro!

FIORENZO.
Carissimi figliuoli miei, buon dì!
(Si ode un rullo di tamburo:
vari contadini si avvicinano a1 Municipio).

ALCUNI DEL CORO.
Al bando!

ALTRI DEL CORO,
Al bando!

ALTRI DEL CORO.
E in vendita il prato del Guisì.

FIORENZO.
Lo so, pur troppo, e temo pel villaggio
una trista giornata,
chè verrà disputata
tra i due Rantzau la ricca prateria.
L’odio che li separa,
da che il padre morìa,
lasciando loro un inegual retaggio,
può rendere funesta oggi la gara.

SCENA III.
GIACOMO e GIORGIO, dalla loro casca, poi GIANNI, LUISA
e LEBEL, dalla strada a sinistra.

FIORENZO
(a Giacomo e Giorgio).
Oh’. signori.

GIORGIO.
Maestro

GIACOMO.
Andiamo, andiamo,
è l’ora della vendita e non voglio
ch’altri profitti del ritardo mio.
(si rivolge a Giorgio, accennandogli di seguirlo al Municipio).

GIORGIO.
Ecco i nostri parenti! Eh! lo vedete?
anche Luisa è in buona compagnia.
(ironico, mostrando a Fiorenzo Luisa che discorre con Lebel).
Andiamo babbo’.
(entra con Giacomo a1 Municipio; alcuni li seguono).

GIANNI.
Resta qui, Luisa.
Se adesso mi riesce un certo gioco
vedrò morir di rabbia i miei nemici.

LUISA.
Sempre la stessa idea, voi non avete
altro che l’odio in core.
Oh’. ma qual frutto poi ne ritrarrete
se non pianto e dolore?

GIANNI.
Eh! non tediarmi al solito’
(a Lebel)
Venite
(entra con Lebel al Municipio.
Ne esce subito dopo il banditore, che rulla
nuovamente il tamburo e rientra).

IL CORO.
Al bando! Al bando’. Al bando!
(entrano tutti nel Municipio meno Luisa e Giulia).

SCENA IV.
LUISA e GIULIA.

GIULIA.
Hai ragione, Luisa, un tristo esempio
danno i vecchi Rantzau.

LUISA,
Ma Giorgio?

GIULIA.
Giorgio?
Come soffre, l’ho visto impallidire
quando osservò che Lebel ti parlava…

LUISA.
Non rattristarmi, taci, fa che i pensier non tornino
al tempo soavissimo della mia prima età,
quando le madri nostre più santi e forti vincoli,
che le famiglie unissero per noi sognavan già.
Quando comuni i giochi e le carezze, ai palpiti
primi si schiuse l’anima, e in sogno vagheggio
una tranquilla vita, i più sereni gaudi,
sogno che senza lacrime io ricordar non so.
Ed ora? ed ora invece, come i due padri s’odiano,
egli pensa che debbano odiarsi i figli ancor,
e mi evita, mi fugge, nè vedrò più rivolgersi
le sue pupille a chiedermi, come una volta, amor!

GIULIA.
Non disperar: l’antico amor potrebbe
far che il tuo sogno s’avverasse un giorno !

SCENA V.
LUISA e GIULIA rimangono in iscena. Dall’interno
del Municipio si ode un mormorìo.
Escono a volta a volta, prima FIORENZO solo, poi
GIACOMO e GIORGIO con alcuni
del CORO; poi GIANNI e LEBEL, seguiti dal resto del CORO.
Questo si divide in varii crocchi che discutono animatamente,
parteggiando gli li uni per GIANNI, gli altri per GIACOMO.

FIORENZO.
O che lite, che grida, che bestemmie!
Sì grande l’ira io non credea tra loro…

LUISA.
Signor Fiorenzo, che mai fu?

GIULIA.
Che è stato?

GIACOMO.
Oh! infamia, oh! tradimento, io non l’avrei
di tanto sospettato’.
Lui, quel vigliacco che chiamar dovrei
fratello, m’ha rubato…

ALCUNI DEL CORO
(della parte di Giacomo).
Si annullerà la vendita: la frode fu scoperta!
Deve appellarsi subito; la sua vittoria è certa’.

ALCUNI DEL CORO
(della parte di Gianni).
Parlar d’inganno è inutile, a lui rimase il prato!
Non furon tese trappole, fu bene aggiudicato!

GIANNI.
Vittoria, o mia Luisa, il prato è nostro!
(a Lebel)
Io vi ringrazio, oggi da me v’aspetto.
(Lebel ringrazia, inchinandosi)

GIACOMO
(concitato).
Sì, m’ha rubato come un masnadiere
anche la prateria ;
le mie terre divide il suo podere,
tra i piedi mi starà come una spia.

GIANNI.
Ed anche voi, Fiorenzo, oggi sarete
de’ nostri.

FIORENZO
(titubante).
Forse non potrò… signore…

GIANNI.
Non dovete mancar, festa è per noi!

GIORGIO
(a Fiorenzo).
Ah! Maestro, anche voi ci abbandonate

FIORENZO.
Giorgio, non dirlo!…

GIACOMO
(a Fiorenzo, indicando Gianni).
Contro quel demonio,
per noi, dovete far da testimonio!

FIORENZO
(impacciato).
Di che?… Signore, non ho visto nulla!

GIORGIO
(con sarcasmo).
E lieta oggi sarà quella fanciulla,
chè il padre esulta d’appagato orgoglio,
con quel ribaldo che tessè l’imbroglio!
(accennando Lebel).

ALCUNI DEL CORO
(della parte di Giacomo).
Guardate il signor Giacomo: egli si regge appena.
Oh! come Giorgio è pallido… a stento egli si frena!

ALCUNI DEL CORO
(della parte di Gianni).
Per questa volta il sindaco ha perso la partita!
Nulla potrà richiedere, la gara è ormai finita.

ALTRI DEL CORO
(dalla parte di Giacomo).
A Sarrebourg vi han giudici, faran la sua vendetta:
capite ben che l’ultima parola non fu detta!

LUISA.
Non un ricordo, ahimè! non un rimpianto
della cara età passata
Hanno in cor l’odio soltanto,
l’anima loro, ormai più non avrà
un sol raggio di pietà.
Per me tutto finì!… Vaga speranza
sei per sempre dileguata!
Nulla, nulla più m’avanza…
come s’annuncia tristo l’avvenir…
oh mio Dio, fammi morir!

ALCUNE DONNE.
I due fratelli vivono fra loro sempre in guerra,
Adesso si contendono quel briciolo di .terra.

ALTRE DONNE.
Fiorenzo ha detto subito: vedrete che in paese
avremo per la vendita terribili contese!

GIANNI.
Ed un istante solo ho dubitato,
stolido inver, che a Giacomo
il banditore aggiudicasse il prato’.

GIACOMO.
Ch’egli giungesse a tanto io non credeva!
Come poter combattere
Il banditore dalla sua teneva!

GIANNI.
Di farmi guerra deve esser pentito’.
Che gli val d’esser sindaco?
Ho vinto ! ora per lui tutto è finito’.

GIACOMO.
Ma avrò giustizia, e allor potrà venire
a chieder grazia supplice,
dovrà soffrir quanto mi fa soffrire!

GIORGIO.
Cessate, padre mio, dall’imprecare:
ogni lamento è inutile,
deve un Rantzau la fronte alta portare!

LEBEL
(fra sè).
Questa allegria del vecchio mi consola!
Il momento è propizio,
per chiedergli la man della figliuola.

GIULIA.
I bei sogni di pace ecco svaniti!
La disgraziata vendita
certo sarà cagion di nuove liti.

FIORENZO.
Nonno Rantzau tu sei di questa eterna
lotta la sola causa!…
Ah maledetta eredità paterna!

ALCUNI DEL CORO
(della parte di Gianni).
Nulla potrà richiedere, la gara è ormai finita!
Per questa volta il sindaco ha perso la partita.

ALCUNI DEL CORO
(della parte di Giacomo).
Adesso rallegratevi, non la farete a noi!
Se or tocca a voi di ridere, ci rivedremo poi!

GIANNI
(al Coro, sopra la soglia di casa sua).
Voi, giovanotti, lo sapete, in casa
di Giovanni Rantzau, ne’ lieti giorni,
la vecchia Marta ha per gli amici in serbo
fresca birra e buon sidro!

IL CORO
Evviva! Evviva!

Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV

ATTO SECONDO

Sala in casa di GIANNI. – A destra, nella prima quinta,
una porta ; nel fondo, a destra, un organo ; nel fondo, a
sinistra, un uscio che mette in giardino. A sinistra, una
grande vetrata che dà sopra un podere di Giacomo.

SCENA PRIMA.
LUISA, ricama, seduta presso la grande vetrata.

C’era una volta un re. Fedele il popolo
tributo gli porgea di grano e d’or;
un tristo dì volle il suo regno accrescere
e fece guerra coll’imperator.
E fu sconfitto; interrogò gli oracoli:
« Come scuotere posso il disonor?
« Uccidi la figliuola – essi risposero –
e sarai della guerra il vincitor. »
E alla figliuola il re dal suo carnefice
cieco d’orgoglio fe’ spezzare il cor.
Povero re! che ti giovò di vincere,
Tu solo rimanesti e senza amor.

SCENA II.
GIANNI e LUISA

GIANNI
(si sofferma un istante osservando
sospettoso la figlia, poi risoluto).
Luisa!

LUISA
(riscotendosí).
Ah! babbo…

GIANNI.
A che pensavi?

LUISA.
A nulla…

GIANNI.
Non sei pronta: Perchè?…
Verran gli amici e tu, cara fanciulla,
tu che sei la più bella del paese
e la più ricca, in un giorno sì lieto,
vuoi modesta apparir, senza gioielli,
senza un fior nei capelli?

LUISA.
Non sto bene così?

GIANNI.
Ma tu non sai
che Fiorenzo verrà con la figliola,
che avremo il comandante?

LUISA.
Il comandante?

GIANNI.
Egli pure è dei nostri… Or via, t’affretta…
lascia il ricamo…
(Luisa esce. Gianni la segue con lo sguardo).
Non c’è dubbio’… È troppo
tacita e pensierosa… Oh! se sapessi…
(s’avvicina con ira alla vetrata e guarda fuori).
Ah! l’orso schiuse la sua tana!… Vuole
proprio godere la mia festa… e sia!
Dovrà fremer di rabbia e di dispetto.

SCENA III.
GIANNI, FIORENZO e GIULIA, poi LEBEL e LUISA,
CORO INTERNO.

FIORENZO.
Signor Rantzau voleste farci onore…
Vi siam grati di cuore!

GIANNI.
I benvenuti siate in casa mia.
(entra Luisa e saluta).
(a parte)
voi, Fiorenzo, rammentate bene
quanto v’ho detto stamattina. Appena
rimarrete con lei…
(accenna Luisa).

FIORENZO.
Signor…

GIANNI.
Tacete.

LEBEL
(a Gianni).
Signor Rantzau…
(a Luisa)
Gradite il mio saluto

GIANNI
(a Fiorenzo).
Voi, maestro, sapete
che l’allegria mi piace
su dunque, un po’ di musica’.

FIORENZO.
Che suoni e canti un povero organista
di villaggio ?…

GIULIA.
Sì, babbo, compiacete
il signor Gianni ; all’organo sedete.

FIORENZO.
Ma che debbo suonare?
Altro non so che messe o litanie…

GIANNI.
Noi canteremo in coro il vostro Kyrie.

FIORENZO.
Come vi piacerà. Son pronto. Attenti.
(siede all’organo e fa alcuni accordi).

TUTTI
Kyrie Eleison
Christe Eleison’

GIANNI
(accostandosi alla vetrata).
Giacomo deve rodersi di rabbia.

TUTTI.
Kyrie Eleison
Christe Eleison
(Si sente dall’interno il Coro accompagnato
dal rumore dei flagelli battuti sull’aia).

IL CORO.
A Lauterbach l’Annella
ha perso la pianella
chi ritrovata l’ha
non glie la renderà

GIANNI.
Or per darmi la baja
battono a furia e cantano su l’ala!
Maledetti briganti.’
Oh ala noli cedercemo,
(a Fiorenzo)
Avanti, Avanti!

TUTTI
Kyrie Eleison
Christe Eleison’

IL CORO.
A Lauterbach l’Annella
ha perso la pianella.

GIANNI
(a Fiorenzo).
Più forte!

TUTTI.
Kyrie Eleison,
Christe Eleison

IL CORO.
Chi ritrovata l’ha
non glie la renderà!

GIANNI.
Ancor più forte.

TUTTI.
Kyrie Eleison
Christe Eleison!

IL CORO.
A Lauterbach l’Annella
ha perso la pianella;
chi ritrovata l’ha
non glie la renderà!

LEBEL.
Hanno cessato’.

GIANNL
(con rabbia).
Ma la stessa scena
farebbero quei tristi non appena
risentissero il canto!

LEBEL.
Lasciateli sfogare,
signor, non v’irritate…

GIANNI.
In giardino scendiamo.
(dà il braccio a Giulia).
(piano a Fiorenzo).
Voi, Fiorenzo, aspettate
(a Lebel, che dà il braccio a Luisa).
Lebel, Luisa, andiamo

SCENA IV.

FIORENZO.
Luisa ora verrà! Mi tocca dirle
che il signor Gianni pensa alle sue nozze.,
Ma il vecchio pare a me poco sincero
dice che la figliola
potrebbe restar sola
al mondo, e senza scorta,
tra liti d’ogni sorta…
e sceglie come sposo il comandante!
Mi par tutto un tranello
teso per danneggiar meglio il fratello.
Ho fatto male ad accettar l’incarico;
ma non sono mai buono a dir di no…
Eh! pur troppo lo so.

SCENA V.
LUISA, e DETTO.

LUISA.
Mi volete maestro’

FIORENZO
(impacciato).
Ho da parlarti.

LUISA.
Che avete mai da dirmi?

FIORENZO
(c. s.).
Ecco… Luisa..,
Lebel ha chiesto la tua mano.

LUISA
(spaventata).
E il babbo?

FIORENZO.
Il babbo… ha dato già la sua parola.

LUISA.
Senza sentirmi? E pur di me si tratta,
dell’avvenire mio, della mia vita!

FIORENZO.
È vero !… È vero !… Ma tuo padre vuole…

LUISA.
Ah perchè non rimasi al monastero,
dove non ero afflitta dal pensiero
di queste guerre misere.

FIORENZO.
Che cosa dici mai ? Deve il sorriso
far più sereno il tuo leggiadro viso…
Luisa, via, non piangere

LUISA.
Vo’ tornare alla mia cella, col cuore
mattina e sera pregherò il Signore
per tutti quei che s’odiano

FIORENZO.
Tu monaca, Luisa, Un n altro velo
voglio per te… solleva gli occhi al cielo;
prega ma spera’.

LUISA.
È inutile,
nessun m’ajuta qui… Mamma adorata,
perchè sei morta e sola m’hai lasciata?…
Chi mi potrà difendere ?…

FIORENZO.
Povera bimba mia, che debbo fare?…
Non piangere così, non singhiozzare…
Che debbo far’ rispondimi…

SCENA VI.
GIANNI e DETTI.
(Gianni entra inosservato e ascolta).

LUISA
Caro maestro, al babbo parlerete
per me !…

FIORENZO.
Gli parlerò, si

LUISA.
Gli direte
che sposa non sarò mai di quell’uomo.

GIANNI
(facendosi innanzi con tono autorevole).
Perchè, Luisa?… E non lo sai che t’ama,
che ti farà felice e ch’io son lieto
di chiamarlo figliolo

LUISA.
Io ti scongiuro,
non mi parlar di queste nozze!

GIANNI
(meravigliato).
Come ! ?

LUISA.
Padre, piuttosto di sposar quell’uomo,
voglio tornar per sempre al monastero!

FIORENZO
(cercando di intromettersi).
E un vecchio amico che vi parla, udite.

GIANNI
(senza badargli, con ira).
Luisa! Intendo bene… ti ribelli?

FIORENZO
(supplichevole).
Signor Gianni… badate… è vostra figlia’….

GIANNI
(con mal garbo a Fiorenzo).
Ah! Così le parlate in nome mio?…
Voi pur contro di me? Voi pur nemico?…
(prende per le spalle Fiorenzo e lo spinge
con violenza fuori dell’uscio).
Andate ! Vo’ restar solo con lei!
(Fiorenzo esce spaventato).

SCENA VII.
GIANNI, LUISA.
(Luisa, sta presso la tavola, immobile,
cogli occhi bassi. Gianni, concitato.
si ferma dinanzi alla figlia).

GIANNI.
Ed è la figlia mia che in questo modo
mi parla?, È proprio lei
che ho amato più della mia vita? È questa
la ricompensa? A lei nulla ho negato;
per lei, per lei soltanto ho lavorato
per lei, se me l’avesse domandato,
mi sarei tolto dalla bocca il pane…
Non amavo che lei… quando dicevo
Luisa! era la mia gioia, il mio bene!…
Ed ecco il premio: vuol lasciarmi solo,
mi vuole abbandonare a quest’età,….
Io che sognavo già dei suoi figlioli
il volto sorridente…
io che vedevo già questa famiglia
dominar su la gente
del mio paese… io che di già sognavo
sconfitti i miei nemici,
ora dovrei veder la mia rovina,…
O bei giorni felici
accarezzati dalla fantasia!…
Io non sarò più lieto,
e vecchio e solo non farò che piangere
di dolore, in segreto !

LUISA.
O babbo ascoltami…

GIANNI.
Guai se tu neghi

LUISA
O babbo, babbo!

GIANNI
(respingendola ruvidamente).
Pianti non vo’
invan mi supplichi, invan lui preghi,
devi obbedirmi soltanto…

LUISA
(risoluta, senza guardar Gianni).
No!

GIANNI
(nel colmo dell’ira).
Ipocrita’…. T’immagini d’illudermi?
Credi che il padre tuo non sappia il vero
Ah ! parli di tornare al monastero
per consacrarti a Dio?
Il tuo Dio lo conosco, eccolo là…
(indicando verso la vetrata)
è il figlio del peggior nemico mio
che nel pensier, nell’anima ti sta!
Sì, t’ho spiato… ed ho tutto scoperto…
e perchè mentr’io vivo non l’avrai…
pensi lasciarmi?… oh! mai…
Tu devi cedere… fino all’altare
a viva forza ti porterò,
l’uomo che ho scelto devi sposare,
perchè lo voglio… lo voglio…

LUISA
(risoluta).
No!

GIANNI
(afferra con grande violenza Luisa e, atterrandola, alza la mano
per batterla, ma si reprime con grande sforzo).
Ah ! che resistere più non saprei…
meglio è che fugga… l’ucciderei!…
(si allontana rapidamente).

 

Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV

ATTO TERZO

SCENA PRIMA.

CORO DELLE DONNE.
(Le donne vengono ad attingere l’acqua).
Acqua limpida che brilli,
che zampilli
dalla garrula fontana
tu che rapida hai- discesa
la scoscesa
e fiorita erta montana;
un pastore innamorato
l’hai trovato’
Dillo a me soave e piana;
o bell’acqua gorgogliante,
dell’amante
reca il bacio a me lontana!

SCENA II.
GIULIA, il CORO DELLE DONNE, poi FIORENZO.
(Giulia esce dalla casa di Gianni; le donne la circondano sollecite).

PRIMA DEL CORO.
Giulia, che nuove di Luisa?

GIULIA.
Oh ! state
zitte, per carità, non la svegliate,
è più morta che viva;
ed in fretta partiva
Menico stamattina
per il dottor della città vicina.

SECONDA DEL CORO.
È tutta colpa di quell’arrogante
del padre, che la vuole
sposa per forza al nuovo Comandante

TERZA DEL CORO.
Inumano !

PRIMA DEL CORO.
Tiranno!

SECONDA DEL CORO
Che lo colga il malanno!

GIULIA.
Zitte, zitte, ecco il babbo.

FIORENZO
(esce dalla casa di Gianni;
e subito le donne con curiosità lo circondano).
Andate via
sollecite, Giustina, Anna, Maria,
Margherita, Sofia,
se vi preme Luisa, come dite,
subito, via, partite,
chè le potreste nuocere
col vano cicalar. – Tu va da lei,
e non lasciarla sola.
(a Giulia che rientra subito in casa di Gianni),

PRIMA DEL CORO.
O maestro, sentite…

FIORENZO.
La povera figliola
è malata, intendete?

SECONDA DEI. CORO.
Ma voi, chè lo sapete,
diteci qualche cosa.

FIORENZO.
Sta zitta tu, noiosa!

TERZA DEL CORO.
È grave

PRIMA DEL CORO.
Guarirà?

FIORENZO.
Andate via di qua!

SECONDA DEL CORO.
Ci dovete narrare…

FIORENZO.
Non mi fate gridare

TERZA DEL CORO.
È 
calma?

SECONDA DEL CORO
Riposò

FIORENZO.
Vi dico, non lo so!

TERZA DEL CORO.
Via, maestro, parlate…

PRIMA DEL CORO.
Qualche cosa narrate…

SECONDA DEL CORO.
E il vecchio che mai fa?

TERZA DEL CORO.
Di lei non ha pietà?

PRIMA DEL CORO.
Nulla ci avete detto,

SECONDA DEL CORO.
Lo fate per dispetto

TERZA DEL CORO
(alle altre).
Non vuol parlar, vedete?

PRIMA DEL CORO
(con ironia).
Siamo troppo indiscrete

SECONDA DEL CORO
(c.s.).
Oh, Fiorenzo non parla!

TERZA DEL CORO
(c.s.).
Il maestro non ciarla’.

PRIMA DEL CORO.
Il vecchio v’ha percosso

FIORENZO.
Ascoltarvi non posso’

SECONDA DEL CORO
Se l’è presa con voi?

FIORENZO.
Spiegherò tutto poi!

TERZA DEL CORO.
Lei piange?

PRIMA DEL CORO.
S’addolora’

FIORENZO.
Non ve n’andate ancora !

SECONDA DEL CORO.
E che dice il dottore?

TERZA DEL CORO.
Sia malata d’amore?

PRIMA DEL CORO.
E si dispera?

SECONDA DEL CORO.
E trista?

FIORENZO.
Da ieri non l’ho vista.

TERZA DEL CORO.
Ma sposa il Comandante?

FIORENZO
Se ne son dette tante!

PRIMA DEL CORO.
Già con voi non c’è mai da saper nulla!

FIORENZO.
Vi torno a dir: la povera fanciulla
ha bisogno di pace, e sulla piazza
è da stamani in qua che si schiamazza.

IL CORO DELLE DONNE.
Eh! v’abbiamo capito… andiamo via!
(Le donne si allontanano sospinte
da Fiorenzo più dentro la scena).

SCENA III.
FIORENZO, poi GIACOMO.

FIORENZO
(rientrando).
Per farle allontanar quanto penai!…
Tutte così le donne: cogli anni la bellezza
perdono, e la freschezza,
oh! ma la ciarla non la perdon mai!

GIACOMO
(esce accigliato dal Municipio –
Porgendo a Fiorenzo un figlio).
Vi cercavo, Fiorenzo. A voi, leggete!

FIORENZO
(leggendo).
Come?… Il pubblico annunzio per le nozze
di Luisa con Lebel?

GIACOMO.
Che vi pare?

GIANNI
pur di vedermi rovinato,
Vende sin la figliola!

FIORENZO.
Oh signor mio

GIACOMO.
È un’infamia! Ma pure assai peggiore
disgrazia m’è toccata.

FIORENZO.
Una disgrazia’

GIACOMO.
Giorgio, il mio Giorgio, adora la figliola
di quel brigante.

FIORENZO.
Che mi dite

GIACOMO.
Il vero.

FIORENZO.
Ma se l’odia

GIACOMO.
Pur io questo credeva;
stamattina però, quando l’annunzio
mi fu recato, egli mi disse: Padre,
non si faranno queste nozze, adoro
Luisa- ad ogni costo sarà mia

FIORENZO.
Chi l’avrebbe pensato,

GIACOMO.
I
o minacciai
di cacciarlo di casa. Ora egli deve
scegliere tra Luisa e il padre suo.

FIORENZO.
Eccolo !

SCENA IV.
GIORGIO e DETTI.

GIACOMO.
Ebbene, Giorgio?

GIORGIO
Ho riflettuto,
e non posso mutare.

GIACOMO.
Allora parti

GIORGIO.
No.

GIACOMO.
Vuoi restare in casa, mio malgrado?

GIORGIO.
No; dalla vostra casa io me ne vado,
ma rimango in paese.

GIACOMO
(ironico).
Ah! forse vuoi
ch’io domandi per te quella fanciulla

GIORGIO.
Non chiesi questo a voi.
Amo Luisa, ella di uguale affetto
mi ricambia; sinor fummo divisi
dall’odio vostro e siamo stanchi ormai
dateci retta, o nasceran de’ guai!

GIACOMO.
Resta… quell’altro ne godrebbe troppo…
ma d’ora innanzi come due stranieri
vivremo.

GIORGIO.
Sia come volete, padre.

GIACOMO.
Lo vedete, Fiorenzo? Anch’egli, il solo
mio bene, il mio figliolo,
mi respinge, non m’ama più!… Disciolto
ecco l’ultimo nodo… oh co’ miei vecchi
fossi là, tra i cipressi, anch’io sepolto!
(entra in casa addolorato).

SCENA V.
FIORENZO e GIORGIO.

FIORENZO
(guardando allontanarsi Giacomo).
Ahimè, povero amico !
(a Giorgio)
E trista cosa
vedere in lite il padre col figliolo,
e passarsi daccanto, e non guardarsi,
come fossero gente sconosciuta.

GIORGIO.
Io non ho colpa. Ho combattuto assai
ora l’amore per Luisa ha vinto.

FIORENZO
(con improvviso moto di gioia).
È proprio vero?… L’ami? Ma da quando?

GIORGIO.
L’ho sempre amata. Quando volevano
ci dividessero l’odio, il dispetto,
io già sentivo nascere in petto
viva la fiamma del primo amor.
M’addoloravo d’amar la figlia
dell’avversario nostro più fiero,
pur lei regnava nel mio pensiero,
serena immagine, la notte e il dì.
Io sempre chiuso tenni nell’anima
questo terribile caro segreto,
ne mai godetti d’un giorno lieto
nella tristissima mia gioventù.

FIORENZO.
E Luisa… Luisa ti vuol bene?

GIORGIO.
Lei ?

FIORENZO.
Te l’ha detto?

GIORGIO.
No. Ma sento in core
che vive solo per il nostro affetto.

FIORENZO.
Ma che battaglia con i padri vostri!

GIORGIO.
Meglio così. Rantzau contro Rantzau; l’inutile
lotta uno scopo avrà;
i vecchi contro i giovani, l’amore contro l’odio
Luisa mia sarà!

FIORENZO.
Ma il tuo rivale .

GIORGIO.
Di lui mi rido;
se ardisce oppormisi… per Dio, l’uccido,

(Fiorenzo crolla il capo: si avvicina al Municipio e affigge l’annunzio:
Giorgio va ad appoggiarsi al pozzo. Fiorenzo rientra in casa di Gianni.
Si fa buio).

SCENA VI.
GIORGIO e LEBEL dalla via a destra.

GIORGIO
(andando incontro a Lebel).
Scusatemi: con voi debbo parlare.

LEBEL.
Con me?

GIORGIO.
Sapete chi son io, signore?

LEBEL.
Siete Giorgio Rantzau.

GIORGIO.
Sentite dunque
Vidi l’annunzio.
Voi volete sposar la mia cugina.

LEBEL.
Come ardite parlar de’ fatti miei?

GIORGIO.
Sono un Rantzau! Non si faranno queste
nozze, intendete!

LEBEL.
Oh ! di grazia, e perchè

GIORGIO.
Perchè Luisa
non v’ama.

LEBEL
(con ironia).
Ah’. n’ama un altro?

GIORGIO.
E se ciò fosse?
ella niente vi deve, ed ha gentile
l’animo troppo
per vendersi ad un Lebel

LEBEL.
Oh ! signore,
volete provocarmi, è vero

GIORGIO.
È vero.

LEBEL.
Ci batteremo dunque.

GIORGIO.
A domattina!

LEBEL.
A domattina!

(Si salutano. Lebel esce per la via a sinistra, Giorgio da quella a destra,
dopo aver rivolto un lungo sguardo alla finestra di Luisa. È calata la
notte. Una finestra in casa di Gianni, una in casa di Giacomo, sono
illuminate. Si sentono i rintocchi della campana).

SCENA VII.
IL CORO DEGLI UOMINI.

IL CORO
(dall’interno).
Udite, udite, udite: i tocchi squillano
della campana. Ognuno la preghiera
a Dio rivolga. Nella notte nera
dal cielo un occhio vigilando sta.

SCENA VIII.
FIORENZO e GIANNI.
(escono dalla casa di Gianni: questi ha l’aria stanca
e addolorata, Fiorenzo lo segue come cercando di convincerlo).

FIORENZO.
Avete inteso! Ve lo disse il medico:
quella cara figliola morirà…
e voglia il Ciel che questo suo pronostico
non diventi una triste realtà.
Datemi ascolto: i due ragazzi s’amano:
domani a tempo non sarete più.
Ah! per pietà, salvatela, salvatela…
Iddio ve lo comanda di lassù.

(Fiorenzo entra in casa sua. Gianni si getta
su la panca vicina al pozzo e rimane assorto col capo fra le mani.
Il Coro e la Guardia Notturna traversano la scena).

IL CORO.
Udite, udite, udite: e quei che misero
giace insonne sul letto di dolore,
tutto s’affidi in braccio del Signore
e un’ ora di riposo ei gli darà’
(Gianni si riscuote a poco a poco).

GIANNI.
Ed essa vuol morir, la mia figliola,
l’unico ben, la mia speranza sola!
Dicea stamane : – Babbo, a sotterrare
mi porterete voi, non all’altare ! –
Lei, che superba mi fioriva accanto,
me la dovrei portare al camposanto!
E per salvarla ormai solo mi resta
d’innanzi al fratel mio piegar la testa!…
Su, vecchio cor, reprimi i moti ardenti ;
purchè mi resti lei, tutto si tenti.

(Va a battere all’uscio di Giacomo: poi riscende gli scalini e si appoggia
alla ringhiera aspettando. La luce che illumina la finestra di Giacomo
sparisce: si sente tirare il catenaccio. Giacomo si affaccia alla porta
tenendo in mano una lucerna: riconoscendo il fratello, retrocede).

SCENA IX.
GIANNI e GIACOMO.

GIACOMO.
Che cosa vuoi?

GIANNI.
Bisogna ch’io ti parli.

GIACOMO.
Vattene.

GIANNI.
Te ne supplico.

GIACOMO.
Va’ via

GIANNI.
Lassù mia figlia muore; il tuo figliolo
faresti morir tu, Giacomo

GIACOMO.
Entra

(Si scosta perchè Gianni possa entrare.
Gianni entra commosso senza alzare il capo.)

ATTO QUARTO

La stessa scena del secondo atto.

Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV

SCENA PRIMA.

FIORENZO,
(al tavolino ingombro di carte.)
Vegliai la notte intera.
Come vollero i vecchi, io l’ho redatto
quest’odioso contratto.
Finalmente passata è la bufera
ora i ragazzi avran, se al Cielo piace,
dopo tanto penare, un po’ di pace.

SCENA II.
LUISA e DETTO.
(Luisa entra camminando a stento.
Fiorenzo le corre premuroso incontro
e la sorregge).

FIORENZO.
Già levata, Luisa?… Benedetta figliola’
E fin qui sei venuta trascinandoti, sola?

LUISA.
Non gridate… son guarita
sento già tornar la vita…
Son guarita… e mi ci vuole
un po’ d’aria, un po’ di sole.
D’esser felice, maestro, ho bisogno,
non voglio più soffrire ;
che non è stato bugiardo il mio sogno
vo’ risentirvi dire.
Ditemi ancora che Giorgio è il mio sposo,
che l’amor nostro sarà benedetto…
dite ch’è vero… pensarci non oso.

FIORENZO.
O mia Luisa, lo sai, te l’ho detto:
su l’orizzonte finor nebuloso
sorgeva il sole… il tuo Giorgio diletto
un avvenire beato prepara…
Come sarete contenti, mia cara!

LUISA.
Torneranno dunque uniti
i due vecchi padri ancor,
non discordie più, non liti,
tutti vince il nostro amor.

FIORENZO.
Cara… Non parlerai più di morire ?

LUISA.
No! guardo innanzi al fulgido avvenire.

SCENA III.
GIULIA, poi GIORGIO e DETTI.

GIULIA
(entra con impeto, spaventata, senza veder Luisa).
O babbo, babbo! Li hanno veduti
quando partivano!… Si son battuti
Lebel e Giorgio, stamani!

LUISA.
Oh Dio!

FIORENZO.
Che cos’hai fatto?
(a Giulia)
Ma non è vero!
(a Luisa).

LUISA.
Giorgio si batte… l’avranno ucciso !
(con disperazione).

GIORGIO
(di dentro).
Luisa.

LUISA.
E Giorgio ? –
(chiamando)
Giorgio!

GIORGIO
(entra correndo lietamente incontro
a Luisa che si alza, fa qualche passo
e vacilla. Giorgio la sostiene e la stringe a sè).
Son io!
Vieni qui, stringiti qui, sul mio petto
un bacio ancora sul caro viso
quant’è che soffro, quant’è che aspetto,
ma finalmente t’ho qui con me!…
(Fiorenzo fa un cenno a Giulia ed esce con lei).

GIORGIO.
Oh ! che i più dolci nomi ti dia…
Luisa, parlami, di’ che sei mia!

LUISA.
Per l’amor nostro oh ! tu non sai
quanto il Signor pregai!
Arride a noi la sorte;
venga la morte, tu con me per sempre
sei, mio tesoro…
Giorgio, t’adoro’
Io piansi, piansi tanto, mai
non ti dimenticai!
L’amore fu più forte
sin della morte; tu con me per sempre
sei, mio tesoro…
Giorgio, t’adoro’.

GIORGIO.
Oh, dammi ascolto
non vo’ negli occhi lacrime,
cara, voglio sorrisi.
Sia lieto il volto
Luisa mia, non piangere,
più non sarem divisi.
Luisa !

LUISA.
Giorgio’.

GIORGIO.
Guardami ancora.

LUISA.
Luisa t’ama.

GIORGIO.
Giorgio t’adora.

LUISA
Parlami. La tua voce mi fa bene…
il core m’agita…
Quando ascolto la tua voce, le pene
tutte dimentico.

GIORGIO.
Dagli occhi tuoi mi scende una dolcezza
nova nell’anima.
Guardami… nel tuo s sguardo è una carezza
lenta, ineffabile.

LUISA.
Amarti sempre, sempre… oh! la parola
cara d’amor sognata…

GIORGIO.
Oh! la bocca adorata
fatta pel lungo bacio che consola!
(Luisa si adagia di nuovo sulla poltrona.
Giorgio rimane presso di lei contemplandola.)

SCENA IV.
FIORENZO e DETTI.

FIORENZO
(entrando, li guarda con compiacenza).
I giorni miei posso finir contento.
Io pregava il Signor: Prima che muoia,
oh! datemi la gioia
di riveder questi figlioli uniti.
E venuto il momento,
posso morir contento!…
(Pausa. Si accosta al tavolino
guardando il contratto
Purchè da questo benedetto foglio
non venga adesso fuori un altro imbroglio!

SCENA V.
GIANNI, poi GIACOMO e DETTI.

FIORENZO
(a Luisa, vedendo entrar Gianni).
Ecco tuo padre.

LUISA.
Padre mio…

GIANNI.
Silenzio,
o forza non avrò tanta che basti
ad arrivare in fondo. Mio fratello
non è venuto ancora?

FIORENZO.
Egli tra poco
sarà qui. Ma il contratto non leggete?

GIANNI.
No, no, conosco i patti.

GIACOMO
(entrando).
E tutto pronto ?

FIORENZO.
I patti qui segnati, e da voi stesso
dettati già, vostro fratello accetta;
per salvar la figliola alle più dure
prove si sottopone.

GIORGIO.
Che mai dite,
Fiorenzo

GIANNI
(risoluto).
Accetto e firmo.

GIORGIO.
A me quel foglio.
(legge rapidamente).
Oh! no, maestro, è inutile, non firmerà Luisa.
Io non voglio, non voglio; da tropp’odio divisa
fu la casa Rantzau! E dovrebbe la figlia
il padre suo per sempre bandir dalla famiglia?…
Ah questi sono i patti?… Ed io dovrei cacciare
lo zio Gianni? I miei figli lo dovrebbero odiare?

GIACOMO.
Allor sia per non fatto!

LUISA.
Taci, o tutto è perduto.

GIANNI.
Ha cuore quel ragazzo.

GIORGIO.
Troppo a lungo ho taciuto!
Ed è in tal modo, forse, che in tutta la vallata
divennero i Rantzau la gente più stimata ?
Oh! la pace d’un tempo! Oh l’amor del passato!
Oh ! la fama che i vecchi intatta hanno lasciato !
E voi l’onor del nome, l’amor dei vostri figli,
tutto sacrificate a meschini puntigli…
Or qui, dove eternare vorreste il maledetto
odio, qui dove entrambi la nonna ha benedetto,
qui dove insieme avete vissuti i dì più belli,
ascoltate, vi supplico: pace, pace, fratelli!

GIANNI
(abbracciando Luisa).
Sol che il sole risplenda nell’occhio tuo lucente…
Sol che le rose schiudansi sul tuo labbro pallente…
Sol che tu sia felice…
(affettuosamente)
tu che fosti il mio fior,
tu che fosti il mio orgoglio, tu che fosti il mio amor…
(volgendosi a Giacomo)
E tu, fratello, guarda… per quegli occhi che piangono,
per quei labbri che anelano al bacio dell’amor,
fratello, o mio fratello, obliamo ogni rancor.
(Gianni e Giacomo si gettano l’uno nelle braccia dell’altro. – Luisa e
Giorgio si tendono le mani amorosamente.)
Par che un’olezzo salga qual da dischiuso fior…
È il sol! è il sol che sorge! il sole dell’amor !
(Tutti ripetono le ultime parole.)

 

FINE

 

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