L’occasione fa il ladro

Burletta per musica

Libretto di Luigi Prividali
Musica di Gioachino Rossini

Prima esecuzione: 24 novembre 1812, Venezia, Teatro San Moisè.
Video dell’opera

Personaggi:

Don EUSEBIO zio di tenore
BERENICE sposa del soprano
Conte ALBERTO tenore
Don PARMENIONE basso
ERNESTINA mezzosoprano
MARTINO servo basso

Camerieri di locanda, Servi di don Eusebio, che non parlano.

La scena si finge a Napoli, e suoi dintorni.

Libretto – L’occasione fa il ladro

Atto unico

[N. 1 – Sinfonia e Introduzione]

Scena prima
Sala in un albergo di campagna, che introduce in diverse stanze numerate. Notte oscura e tempestosa.
Don Parmenione, che mangia e beve ad una tavola rusticamente imbandita e rischiarata da un lucerniere: Martino seduto in disparte, che approfitta dei di lui avanzi, malgrado lo spavento che soffre al fragore dei tuoni, ed al chiaror dei lampi.

PARMENIONE
Frema in cielo il nembo irato,
scoppi il tuono e fischi il vento;
che qui placido e contento
io mi voglio ristorar.
Quanto è dolce il mar turbato
dalle sponde il contemplar!
(tuoni)

MARTINO
(si spaventa)
Ah saette maledette,
deh lasciatemi mangiar!

PARMENIONE
Cos’è stato?

MARTINO
Eh niente, niente.

PARMENIONE
Ma tu tremi.

MARTINO
Ah! non signore.

PARMENIONE
Tien, e mangia allegramente.

MARTINO
Tante grazie…
(tuono)
Ohimè, che orrore!
(lascia cadere il piatto ricevuto dal padrone e vuol fuggire)

PARMENIONE
Senti, olà!

MARTINO
(si ferma)
Che comandate?

PARMENIONE
Dove vai?

MARTINO
Non m’arrestate.

PARMENIONE
Scaccia, bestia, il tuo timore.

MARTINO
Non vi posso contentar.

PARMENIONE
Cosa fai là sciocco in piè?
Siedi qui vicino a me.
Se anche vedi il ciel cascar,
mangia, bevi e non badar.

MARTINO
Voi morir mi fate affé,
o seduto, o stando in piè.
Par che debba il ciel cascar.
Come posso non tremar?
(Don Parmenione sforza il suo servo a sedere vicino a lui, facendolo tacere e mangiare, per quanto è possibile, tranquillamente)

Scena seconda
Il conte Alberto, accompagnato da un Domestico, il quale, dopo aver gettato la valigia del padrone a canto a quella di don Parmenione, si addormenta sopra una panca, e detti.

ALBERTO
Il tuo rigore insano,
fiero destin, sospendi:
quel dio d’amore offendi,
che scorta mia si fa.
Tu gli elementi invano
a danno mio fomenti;
di te, degli elementi
amor trionferà.
(tuono e lampo)

"Dimmi il mio nome prima dell'alba, e all'alba vincerò"
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