Mercurio e Marte

Torneo regale

Musica di Claudio Monteverdi
Testo di Claudio Achillini

Prima rappresentazione: Parma, palazzo Farnese, 21 dicembre 1628

Ruoli:

  • L’Aurora
  • Marzo
  • Giugno
  • Settembre
  • Gennaio
  • Età Dell’oro
  • Discordia
  • Mercurio
  • Marte
  • Venere
  • Apollo
  • Orfeo
  • Giunone
  • Berecinzia
  • Proserpina
  • Plutone
  • Amore
  • Bellona
  • Saturno
  • Nettuno
  • Galatea
  • Giove
  • I Mesi, le Furie, Tritoni, le Muse, Amoretti, Dèi marini

La musica è perduta

Testo – Mercurio e Marte

Dedica

Alla serenissima principessa Margherita di Toscana e duchessa di Parma, e di Piacenza padrona colendissima.

Il valor di quei talenti regali, che sì nobilmente v’arricchiscono l’animo, trapassa senza dubbio, o serenissima Margherita ogni termine dell’umana condizione: già ne fan fede al mondo le lingue, le penne, e i cuori di tutta Italia. Che però meglio campeggiavano le vostre lodi nella bocca degli dèi, che in quella degli uomini, e più, che gli ossequi terreni, convenivano i ministeri celesti a gli applausi delle vostre nozze. Quindi, nella composizione di questo torneo, ho data materia alla maggior parte de gli dèi de gli antichi di lasciarsi vedere sovra insolite, e superbissime macchine, sui campi, or delle fiamme, or della terra, or de l’acqua, or dell’aria, or dei Cieli, per promuover la felicità di quegli affettati spettacoli, ch’erano istituiti, e preordinati a gli onori dei vostri imenei. Né doveva quest’opera, uscendo alla luce ad altr’idolo consagrarsi, che al vostro serenissimo nome. Graditela come parto prodotto più dalla fecondità della mia devozione, che da quella dell’ingegno, ed all’a. v. serenissima umilmente m’inchino.

Di Parma il dicembre 1628, di v. a. sereniss. servit. umiliss. e devotiss. Claudio Achillini

Si protesta, che le parole dio d’amore, dèa d’amore, deità, divinità, paradiso, adorare, beato, ed altre simili s’intendono conforme all’uso de’ poeti, e non mai in senso, che offenda in parte alcuna immaginabile i sensi, e i dogmi purissimi della religione cattolica.

Ristretto del torneo

Avea pubblicato il serenissimo signor duca, come mantenitore del torneo il cartello della sua disfida, quando giunto il giorno, e l’ora dell’abbattimento, comparvero sovra superbissime macchine l’Aurora prima, e poi nel zodiaco i mesi, e finalmente l’età dell’oro, cantando la felicità dei presenti giorni, e preludendo, per così dire alle future feste.

Dopo questi sorge dall’inferno la Discordia, accompagnata dalle furie, e schernendo il giubilo de i suddetti personaggi, anzi vantandosi d’avere, poco prima, seminate risse, tra Mercurio, e Marte, per impedir l’abbattimento, torna in cielo, per mantenere in fede Mercurio, contra i disegni di Marte.

Comparisse Mercurio irritato dalla Discordia, sovra un bellissimo carro in cielo; si querela d’Imeneo, e di Marte, che pretendano di divertire a gl’amori, ed all’armi, un suo seguace principale, che era il sereniss. sign. duca, dedicato prima alla disciplina di tutte le lettere. Si vanta per ciò d’avere, per impedire il torneo, incantato il mantenitore in una rocca, sepolta nei fondi del mare. La prima squadriglia de’ Venturieri, dentro le viscere di certi sassi. La seconda, in una palude infernale. La terza, sotto la montagna Etnea. La quarta, nel ventre d’alcuni mostri marini.

Si scopre Marte, dal suo cielo, accompagnato dal suo coro, sgrida Mercurio, risentendosi se i sopra detti impedimenti, e protesta, che quantunque egli potesse, immediatamente, disincantare, e liberar tutti questi combattenti, tutta volta, per pompa del suo potere, egli vuole, mover tutte le deità, perché da varia mano siano liberati. E primieramente invoca Venere, perché scendendo dal cielo venga a liberare il mantenitore.

Scende Venere dal cielo sovra una nube, accompagnata dal suo coro d’amoretti, che all’occasione va cantando, e calata in mare, libera, con varie circostanze dalla rocca incantata il mantenitore, e facendo nascer su quelle sponde la città di Gnido, quivi approda con lui, che accompagnato da paggi, e padrino s’aggiusta in campo, ed aspetta la liberazione de Venturieri.

Sorge Apollo, e dolendosi degli andamenti di Mercurio fa risorgere da i campi elisi Orfeo, il quale canta, con tanta dolcezza, che tira in campo quei sassi, dove era incantata la prima squadriglia, e per virtù celeste, communicatagli dal medesimo Apollo, la libera, avendo spettatore a questa impresa il coro delle muse, sovra il monte Parnaso.

E qui si combatte.

Comparisse Giunone, sovra il suo carro in aria, invoca Berecinzia, come madre degli dèi, perché operi, che Proserpina impetri da Plutone suo sposo la liberazione della seconda squadriglia, incantata nella palude.

Esce Berecinzia dal monte Berecinto, sovra un carro, e prega Proserpina di quanto desidera Giunone.

Sorge Proserpina, sovra un altro carro, e mostrando prontezza a i preghi della madre, prega Plutone della sudetta libertà.

Esce Plutone dall’inferno, sovra un carro di fiamme, e secondando le preghiere di Proserpina, comanda a i mostri infernali, che portino liberati in campo i Cavalieri della seconda squadriglia.

Compariscono i mostri, coi Cavalieri liberati.

E qui si combatte.

Esce dal cielo, librata in aria, l’insegna della sereniss. casa de’ Medici, e sovra la palla superiore siede il Dio d’amore, che cantando prima in lode delle sereniss. Margherita, muove poi, e sgrida Bellona, perché non abbia liberato quel drappello de’ Venturieri, che stavano rinchiusi, sotto la montagna Etnea.

Compare Bellona, e dice, come dèa delle battaglie, d’aver prevenuti i suoi preghi, per promover l’abbattimento al suo fine.

Comparisse in campo, per la porta laterale del teatro un superbissimo carro, co’ i Cavalieri liberati.

E qui si combatte.

Si scopre Saturno, dalla più sublime parte del cielo, ad instanza pur di Marte, e prega Nettuno, che liberi dal ventre dei mostri marini l’ultima squadriglia.

Comparisse Nettuno in mare, con un coro di Tritoni, che gli cantano un inno, e pronto alle domande di Saturno, non solo libera i Cavalieri, ma risolve d’allargare il mare, perché si combatta in acqua.

Esce un’acqua improvvisa, che allaga il teatro.

Comparisse nel nuovo mare Galatea, con due isolette, e sovra l’una di queste riceve il Mantenitore, e sovra l’altra i Venturieri. E qui si combatte in acqua.

Finito l’abbattimento.

Giove nel concistoro di tutti gli dèi, concilia Mercurio, e Marte, e precipita dal cielo la Discordia, consegnando al petto de gli sposi una perpetua pace.

Tutte le parole furono cantate dai più famosi musici di cristianità.

 

 

 

Testo del libretto

 

ATTO UNICO

 

Scena unica

 

L’AURORA

Lascia Titon, deh lascia,
ch’io lasci il roseo letto
ch’io tronchi il tuo diletto,
io fui già messaggera
di quel sol, che fa bello un mondo solo.
In questi dì giocondi,
io son d’un sol foriera,
d’un sol, che nacque ad illustrar sei mondi.

Scaldava il sole antico
il verde alle campagne,
e col raggio fecondo
portava i fiori a rallegrare un mondo.
Ma questo sol novello
coronato d’angelici splendori
porta sei mondi a rallegrar sei fiori.

Già di perle rugiadosa
l’uscio apersi all’aureo dì,
bel Narciso, e bella Rosa
di mia mano allor fiorì.
Or felici i nostri albori
fan fiorir di perle i cori.

Respirate, o zeffiretti,
di dolcezza ai dì felici,
e, garrendo gli augelletti
rispondete, e voi pendici:
tante gioie, e tanti beni
dite voi mesi sereni.

"Dimmi il mio nome prima dell'alba, e all'alba vincerò"
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