Zoraida di Granata

Melodramma eroico in due atti

Libretto di Jacopo Ferretti
Musica di Gaetano Donizetti

Prima rappresentazione: 28 gennaio 1822, Teatro Argentina, Roma.

Personaggi
ALMUZIR, tenore
ALMANZOR, basso
ZORAIDA, soprano
ABENAMET, tenore (poi contralto)
INES, mezzosoprano
AW ZEGRI, basso

L’epoca è il 1480.
La scena, Granata, capitale del regno de’ Mori.

Libretto – Zoraida di Granata

ATTO PRIMO


Gran piazza di Granata. In fondo a sinistra porta della
città con ponte levatoio, ed in prospetto il famoso
tempio di Abderamo. Tre gradinate di marmo bianco
conducono all’Alhambra, palazzo di delizia del re de’
Mori, che si vede a sinistra.

Scena prima

All’alzar del sipario si vede il popolo diviso in vari
gruppi in atto di desolazione.

CORO
Ah! patria un di sì forte!…
Ah! luoghi un dì felici!…
Ah! vi darà la sorte
in preda dei nemici
or che depresso geme
il vostro difensor.

Contro la possa ispana, che
d’ogni parte inonda,
ardir, o forza è vana;
né v’ha chi omai ci asconda
al turbine che freme,
che c’empie di terror!
Oh, Abenamet… ah, patria!
Che più a sperar ci resta!…

Scena seconda

Almuzir dall’Alhambra seguito da guardie zegre, e detti.

ALMUZIR
Vili!… Che intendo!… Qual mestizia è questa?
D’argini, e mura intorno
è ben cinta Granata, e in sua difesa
vegliano i prodi. Abenamet non merta
guidarli al campo. All’amor mio rubelle
per Zoraida avampando osò l’indegno
del suo monarca provocar lo sdegno.
Pieghi la fronte audace
al mio voler sovrano;
ma se a frenar capace
non è un affetto insano,
l’acciar già pende: ei vittima
dell’ira mia cadrà.

CORO
(sommessamente a parte)
Ah, eroe tradito e misero!
Ah eccesso d’empietà!

ALMUZIR
Crudo amor, che mi dividi
Fra l’affetto, ed il furor,
deh! ti placa… alfin m’arridi…
pace, pace, o crudo amor.
Ma inesorabile
A miei lamenti
Pietà non senti
del mio penar.
Me solo, ahi! barbaro,
vuoi far languire,
solo Zoraida
non sai ferire,
sol quella perfida
non sai domar.
(Se quell’empia o cieco Dìo
disprezzarmi ancor vorrà.
Tremi, tremi… L’amor mio
in furor si cangerà.)

CORO
(a parte come sopra)
(Ov’è mai l’onor natio!…
Cara patria, ah, che sarà!)
(il coro mesto si allontana)

Scena terza
Alj, Guardie e detto.

ALMUZIR
Alj, che fa Zoraida! E ancor ricusa
i miei voti appagar?

ALJ
De’ suoi lamenti
assorda l’acre, e di calmarla invano
Ines tentò l’ispana schiava. Ah! sire
l’acquisto di quel core a te contende
il solo Abenamet, e finché vive
l’abencerago altero…

ALMUZIR
(con ferocia)
No: molto ancora ei non vivrà, lo spero.

ALJ
Ma t’è d’uopo indugiar. Troppo sicuro
lo fa l’amor del volgo, e periglioso
esser potrebbe al tuo novello regno.

ALMUZIR
Ah, che io son giunto a segno
da sprezzar tutto; e la mia fiamma in seno
più ritegno non soffre…

ALJ
Pensa…

ALMUZIR
Ebbene
l’unico mezzo io voglio
di scampo offrirgli…
Ah! ch’io lo vegga… Ah, tremi,
se a voti miei non cede:
se della data fede
non discioglie Zoraida, e ad altro suolo
non volge il piè. Vanne, t’affretta.

ALJ
Io volo.
(parte in fretta, ed Almuzir entra nell’Alhambra)

Interno del palazzo detto l’Alhambra. Magnifiche
colonne d’alabastro ne sostengono le volte, e l’oro
risplende da per tutto.

"Dimmi il mio nome prima dell'alba, e all'alba vincerò"
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