Jone, ossia L’ultimo giorno di Pompei

Opera seria in quattro atti

Musica di Errico Petrella
Libretto di Giovanni Peruzzini

Fonti letterarie: Gli ultimi giorni di Pompei di Edward Bulwer-Lytton.
Prima rappresentazione: 26 gennaio 1858 al Teatro alla Scala di Milano.

Personaggi:
Arbace, egiziano, gran sacerdote d’Iside (baritono)
Jone (soprano)
Glauco, ateniese (tenore)
Nidia, schiava tessala (mezzosoprano)
Burbo, taverniere, un tempo gladiatore (basso)
Sallustio, giovane patrizio amico di Glauco (basso)
Clodio, giovane patrizio amico di Glauco (tenore)
Dirce, schiava di Jone (mezzosoprano)
Un sacerdote d’Iside, uno Schiavo etiope
Giovani patrizi – Gladiatori – Sacerdoti d’Iside
Schiave di Jone – Schiavi di Arbace
Popolo di Pompei e dei paesi vicini
Edili – Venditori di pesci e di frutta
Fioraie – Guardie del circo – Centurioni – Littori – Soldati

Ambientazione: Pompei, nell’anno 79

Atto Primo
Atto Secondo
Atto Terzo
Atto Quarto

Libretto – Jone

Atto primo

Quadro Primo
(Taverna di Burbo sparsa di anfore, ecc. Sopra una
panca stanno alla rinfusa i pallii dei giovani Patrizii,
che intorno ad un’altra giuocano ai dadi; mentre dal
lato opposto, alcuni Gladiatori bevono e cianciano
fra loro allegramente. Il luogo è illuminato da una
lampada. È l’alba)

Scena Prima
(Fra i giovani Patrizi, Glauco, Clodio e Sallustio;
più tardi Burbo che va e viene recando vino od altro)

GLADIATORI
Vuote son l’ànfore…

(chiamando)

Burbo… che fai?
A gola asciutta ci lasci qua?
Se ai nostri stomachi vigor non dài,
Con fiacca lena si lotterà.

PATRIZI
(a Glauco)

Su, scuoti il bossolo!…
La sorte è varia…

GLAUCO
Per Giove!… il punto sempre peggior!
Bossolo e dadi saltar fo’ all’aria.
Chi perde in gioco, vince in amor.

CLODIO
Forse il sinistro sguardo d’Arbace
T’ha fatto il Caso ieri scontrar?

SALLUSTIO
Ovver di Jone l’occhio vivace?

GLAUCO
Non dêi quel nome qui profanar.

CLODIO
Ti metti al serio? Già lo si vede,
Non sei più quello de’ primi dì.

GLAUCO
Non son più quello?… pazzo chi ‘l crede.
Burbo… Il Falerno…

GLI ALTRI
Bravo!… così!

(Burbo, che poco prima avrà recato da bere
ai Gladiatori, torna in iscena, depone un’altra
anfora sulla tavola dei Patrizi e riparte)

GLAUCO
(alzando il calice colmo, prorompe con enfasi)

Su, di pampini, di grappi,
M’intrecciate una corona!
Cinto d’anfore e di nappi,
Salgo in vetta all’Elicona.
Viva Bacco il re de’ Numi,
Inni a Venere e profumi!

Canti chi vuole d’elmi e corazze,
L’ire e le stragi del Dio guerrier;
Io fra le belle pugno e le tazze,
Ebbro, non morto, voglio cader.
Allor che in pugno l’anfora ho stretta,

"Dimmi il mio nome prima dell'alba, e all'alba vincerò"
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