Elena da Feltre

Dramma tragico in tre atti

Libretto di Salvadore Cammarano
Musica di Saverio Mercadante

Prima esecuzione: 1 gennaio 1839, Napoli, Teatro San Carlo.

Personaggi

BOEMONDO luogotenente di Eccelino III tenore
IMBERGA sua figlia soprano
SIGIFREDO padre di basso
ELENA vedova soprano
GUIDO baritono
UBALDO tenore
GUALTIERO basso

Dame e Cavalieri della corte di Boemondo.
Familiari ed Amici di Ubaldo.
Scudieri e Guardie di Boemondo.

L’avvenimento ha luogo nella città di Feltre.
L’epoca rimonta al 1250.

Libretto – Elena da Feltre

Atto primo

Scena prima
Gabinetto negli appartamenti di Ubaldo.
Ubaldo siede presso una tavola, immerso in cupa tristezza: lo accerchiano i suoi nobili Amici ed i Familiari della potente sua casa.

CORO
Ti scuoti Ubaldo, e svelane
i crudi affanni tuoi:
dolce ti fia dividere
l’ascoso duol con noi,
dolce versar le lagrime
in sen dell’amistà.
(piano fra loro)
Muto egli resta, immobile!…
Ogni conforto è vano:
ahi! L’infelice è vittima
del suo cordoglio arcano!
Ahi! Volge a sera il misero
nell’alba dell’età!

Scena seconda
Guido, e detti.

GUIDO
Diletto amico!…

UBALDO
(scosso dalla voce di Guido, sorge e lo abbraccia)
Qual cagion ti guida
ne’ lari miei?

GUIDO
Svelarla
a te soltanto io deggio.
(ad un cenno di Ubaldo il coro si allontana)
Del tuo valor, de’ prodi tuoi m’è d’uopo
l’alto soccorso.

UBALDO
Parla.

GUIDO
È a te palese
che il fero Boemondo a me destina
dell’orgogliosa figlia
il talamo superbo… Io lo detesto…
Altra donna m’accese.

UBALDO
E le promesse, o Guido, e la speranza
che l’antica possanza
risorga in te degli avi?

GUIDO
Cede tutto ad amor.

UBALDO
Tu dunque?…

GUIDO
Io volo
del signor di Comino entro il castello
un asilo a cercar… Diman qui riedo…
Accanto alla magion di lei che m’arde
un tempio sorge, col favor notturno
ivi la traggo, e sciolto
il voto nuzial, fuggo repente
questa città dolente.
Pur sai che intorno delatori ascosi
erran tuttora; ove i disegni miei
discopra alcuno, assicurar mi déi
tu con l’armi uno scampo.
Me ‘l prometti?

UBALDO
Lo giuro. ~ E qual si noma
colei che tua sarà dinanzi al cielo?

GUIDO
Elena degli Uberti.

UBALDO
(come colpito da un fulmine)
Elena!… (Io gelo!…) ~

GUIDO
Che fu?… T’assale un tremito!
Hai di pallor estremo
tinte le gote!…

UBALDO
Io?… Palpito
per te… Per te sol tremo… ~
Deh! Qual maligno genio,
amico, a te consiglia?
D’uom che fuggì al patibolo
amar puoi tu la figlia?
Puoi d’Eccelin la collera
sul capo tuo chiamar?
Ah! no: ti cangia…

GUIDO
Ed Elena
potrei dimenticar?
Tu non sai qual dolce incanto,
qual poter m’avvince a lei,
e il destin de’ giorni miei,
è la vita, è il ciel per me.
Io l’adoro: Iddio soltanto
per amarla un cor mi diè.

UBALDO
(Tanto avversa, orribil tanto
la mia sorte io non credei…
lei perduta, insiem con lei
ogni speme il cor perdé…
Sol per vivere nel pianto
l’esistenza il ciel mi diè.)

GUIDO
Per temer del tuo coraggio
troppo, amico, io ti conosco.
Quando in mar discese il raggio
fia del giorno, e l’aer fosco,
te domani, al fianco mio
presso il tempio rivedrò?

UBALDO
(nella massima confusione)
Sì…

GUIDO
Un amplesso. ~ Un bacio. ~ Addio.

UBALDO
(Che promisi!… Che farò?…)

GUIDO
In te riposo, in te m’affido:
sia l’amistade scudo all’amore.
Di gioia immensa ho pieno il core…
Ah! La dividi pu pur con me.

UBALDO
Sì, la tua gioia con te divido…
fia l’amistade scudo all’amore…
(Più lacerato di questo core
no, sulla terra un cor non v’è!)
(Guido parte. Ubaldo cade su una seggiola)

UBALDO
(dopo qualche momento di silenzio)
La madre estinta, il genitor fuggiasco
di tue repulse, ingrata,
pretesti furo! Amavi…
(sorgendo agitatissimo)
Ma non Ubaldo! ~ E renderò felice
te col rivale, io stesso?
No. ~ Pur… ~ Che mai decido?
Il tutto sappia Boemondo… ~ Ah! Guido
io perdo, e non ottengo
la fatal donna!
(rimane taciturno colle braccia conserte, lo sguardo affisso nel suolo; quindi si riscuote, come colui che ha già preso una determinazione)
Sì: rapirla… E fia
che l’amistà, che la giurata fede
sì vilmente io calpesti?…
Cede tutto all’amor. Tu lo dicesti!
(entra nei suoi appartamenti)

Scena terza
Sala del palazzo di Sigifredo. ~ Porte laterali e verone in prospetto che risponde sul giardino.
Elena.
Del tremendo Eccelin, di Boemondo
qui suo ministro, né di lui men crudo,
all’ire il padre s’involò!… Belluno
ricovero e difesa entro sue mura
al fuggente assicura. ~
Lieta son io, più lieta
il sol cadente mi vedrà domani!
Voti che amor formò, che benedisse
il consenso paterno,
benedirà domani anche l’eterno!
Ah! Del tenero amor mio
al trasporto appena io reggo…
Gl’inni ascolto, l’ara io veggo
ove sposa diverrò.
Sarò tua dinanzi a dio,
tua per sempre, o mio diletto…
si comprende in questo detto
quanta gioia il ciel creò!

Scena quarta
Gualtiero, e detta.

GUALTIERO
(avanzandosi dal verone)
Elena?…

ELENA
Ebben, Gualtiero?…
Sembri agitato!…

GUALTIERO
È vero…
Tutta l’alma ho commossa… Un peregrino,
dalla romita via che al parco adduce
inoltrava guardingo; a lui d’incontro
io mossi… Ah! Chi poteva
immaginar soltanto!…
Egli mi segue… Vedi…

Scena quinta
Sigifredo, e detti.
(egli appena arrivato protende le braccia ad Elena, e getta il cappello che fa parte del suo arnese da pellegrino, e di cui l’ala rovesciata gli ombreggiava il volto. Gualtiero si ritira da una porta laterale)

SIGIFREDO
Figlia…

ELENA
Tu, padre!…

SIGIFREDO
O figlia mia…

ELENA
Qui riedi,
qui, dove a prezzo il capo tuo fu posto!

SIGIFREDO

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