I promessi sposi

Melodramma in quattro atti.

Libretto di Antonio Ghislanzoni.
Musica di Errico Petrella.

Prima esecuzione: 2 ottobre 1869, Lecco, Teatro sociale.

Personaggi:

Don RODRIGO baritono
Il conte ATTILIO tenore
RENZO tenore
LUCIA soprano
AGNESE mezzosoprano
Don ABBONDIO basso
PERPETUA contralto
Il padre CRISTOFORO basso
GRISO baritono
TIRADRITTO basso
Il dottor AZZECCAGARBUGLI basso
L’INNOMINATO basso

Bravi – Contadini – Contadine – Signori – Monatti – Popolo.

Nei primi tre atti l’azione ha luogo sul territorio e nelle vicinanze di Lecco, nel quarto atto a Milano. Epoca – La prima metà del secolo XVII.

Libretto – I promessi sposi

Due parole agli spettatori
Prendendo a svolgere in forma di melodramma I promessi sposi di A. Manzoni, non credo essermi affidato ad una ipotesi troppo ardita supponendo che tutti quanti gli spettatori recheranno in teatro la piena conoscenza del romanzo. Questa convinzione mi ha dato coraggio e mi ha, in certa guisa, appianata la via. Il pubblico (mi son detto) riempirà co’ le proprie reminiscenze le inevitabili lacune del melodramma, e sulle poche scene, sui pochi quadri che io gli andrò esponendo, ricostruirà tutto intero il romanzo. Ho dunque curato, nei tratti che mi fu dato riprodurre, di attenermi fedelmente all’originale; ho fatto quanto era da me acciò le situazioni e i personaggi non apparissero falsati. Qualche volta ho copiato quasi testualmente; e sempre, poi, mi sono studiato di imitare, fin dove i versi lo consentono, quella naturalezza e semplicità di linguaggio, di che il Manzoni è maestro insuperabile. Ragioni ed esigenze che facilmente si indovineranno da chi abbia pratica di teatro, mi imposero di lasciare nella penombra la interessante figura del cardinale Federico Borromeo e di omettere il sublime dialogo della conversione. Quell’episodio, che in ogni modo doveva far parte del melodramma, io fui costretto, per non ingrossare l’elenco già soverchio dei personaggi, a rappresentarlo nelle sue conseguenze e quasi di riflesso. A mio vedere, il cardinale Federigo non poteva figurare in un libretto d’opera se non a patto di essere una parte primaria o una muta apparizione.

Ghislanzoni

Atto primo
Primo quadro.

Scena prima
Un trivio di stradicciuole in pendio. A mezzo del trivio, una cappelletta. Muricciolo praticabile. Al di là dei viottoli, un promontorio con case rustiche ed una chiesetta.
All’alzarsi della tela, si vedono attraversare la scena e disperdersi in varie direzioni drappelli di Fanciulle che, tornano dalla filanda e Contadini che vengono dai campi, cantando. Griso e Tiradritto si appostano in vicinanza della cappelletta. Più tardi, don Abbondio, che sale verso il paesello, col breviario alla mano. (*)
(*) Veggasi, per l’esatta riproduzione della scena, il capitolo primo del romanzo del Manzoni.

DONNE
(**)
Quell’augellin del bosco
vola per la campagna;
quell’augellin del bosco
la notte e il dì si lagna;
la notte e il dì si lagna
perché non trova amor.
(**) L’autore ha seguito il metro e la bizzarra struttura di due canzoni popolari lombarde, di data antichissima, menzionate anche dall’illustre storico Cesare Cantù ne’ suoi «Documenti alla storia universale». Il maestro Petrella, per dare al quadro una tinta affatto locale, volle espressamente riprodurre quelle tradizionali melodie.

UOMINI
Cantiam, danziam, fanciulle,
nell’aprile dell’età;
cantiam, danziam, fanciulle,
presto il verno tornerà.

DONNE
Quell’augellin si arresta
sul tuo verone, o bella;
quell’augellin ti desta;
allo spuntar del dì
ti reca una novella:
«l’amante tuo morì».

UOMINI

"Dimmi il mio nome prima dell'alba, e all'alba vincerò"
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