La Favola d’Orfeo

Opera da camera in un atto

Musica: Alfredo Casella
Libretto: Corrado Pavolini da Angelo Poliziano

Prima rappresentazione: Venezia, Teatro Goldoni, 6 settembre 1932.

Personaggi

Aristeo
Baritono
Euridice
Soprano
Mercurio
Orfeo
Tenore
Plutone
Basso
una baccante
Soprano
una driade
Soprano

Libretto – La Favola d’Orfeo

ATTO UNICO

MERCURIO
È fu già un pastore
Figliuol d’Apollo, chiamato Aristèo:
Costui amò con sì sfrenato ardore
Euridice che moglie fu d’Orfeo,
Che, seguendola un giorno per amore,
Fu cagion del suo fato acerbo e reo:
Perché, fuggendo lei vicin all’acque,
Una serpe la punse, e morta giacque.
Orfeo cantando all’Inferno la tolse,
Ma non potè servar la legge data,
Che il poverel tra via dietro si volse,
Sì che di nuovo ella gli fu rubata:
Però mai più amar donna non volse,
E dalle donne gli fu morte data.

ARISTÈO
Udite, selve mie dolci parole.
Poi che la ninfa mia udir non volle.
La bella ninfa è sorda al mio lamento
E il suon di nostra fistula non cura
Di ciò si lagna il mio cornuto armento,
Né vuol bagnare il grifo in acqua pura.
Né vuol toccar la tenera verdura:
Tanto del suo pastor gl’incresce e dole.
Udite selve mie dolci parole.
Ben si cura l’armento del pastore;
La ninfa non si cura dello amante.
La bella ninfa che di sasso ha il core,
Udite selve mie dolci parole.
Portate venti questi dolci versi
Dentro all’orecchio della ninfa mia:
Dite quant’io per lei lacrime versi
E lei pregate che crudel non sia:
Dite che la mia vita fugge via
E si consuma come brina al sole.
Udite selve mie dolci parole.
Poiché la ninfa mia udir non vóle.
(Entra correndo Euridice… sembra ferita… cade morta sul limitare d’Inferno)

UNA DRIADE
Annunzio di lamento e di dolore,
Care sorelle, la mia voce apporta,
Che appena ardisce a ricontarlo il core.
Euridice la Ninfa al fiume è morta:
L’erbe languono intorno a capo chino
E l’acqua al mormorar si disconforta.

CORO DELLE DRIADI
L’aria di pianti s’oda risuonare
Che d’ogni luce è priva;
E al nostro lagrimare
Crescono i fiumi al colmo della riva.
Tolto ha Morte dal cielo il suo splendore.
Oscurata è ogni stella.
Con Euridice bella cólto ha la Morte
Delle Ninfe il fiore.

UNA DRIADE
Orfeo certo è colui che al monte arriva
Colla cetera in man sì dolce in vista
Che crede ancor che la sua Ninfa viva.
Disgiunto ha Morte il più leale amore
Che mai giungesse al mondo la Natura.
È spento il fuoco nel più dolce ardore.
Morta oltr’al monte è la bella Euridice.
Io porto a questo l’annunzio infelice.

ORFEO
O meos longum modulata lusus
Quos amor primam docuit juventam,
Flecte nunc mecum numeros novumque;
Dic, lyra, carmen.

UNA DRIADE
Crudel novella ti rapporto, Orfeo,
Che tua Ninfa bellissima è defunta.
Abbandonato ha il spirito peregrino
Quel bell’albergo e lei giace distesa
Come bianco ligustro, o fior di spino.

ORFEO
Dunque piangiamo, o sconsolata lira.
Che più non si convien l’usato canto.
Piangiam mentre che’l ciel ne’poli aggira
E Filomela ceda al nostro pianto.
Andar convienmi alle tartaree porte
E provar se là giù mercé s’impetra.
Forse che svolgerem la dura sorte
Co’lagrimosi versi, o dolce cetra;
Forse non diverrà pietosa Morte.
Pietà, pietà del misero amatore,
Pietà vi prenda, o spiriti infernali.
Qua giù m’ha scorto solamente Amore,
Volato son qua giù con le sue ali.
Posa, Cerbero, posa il tuo furore;
Che quando intenderai tutti i miei mali
Non solamente tu piangerai meco
Ma qualunque è qua giù nel mondo cieco.
Non bisogna per me, Furie, mugghiare,
Non bisogna arricciar tanti serpenti.
Se tu sapessi le mie doglie amare
Faresti compagnia a’miei lamenti
Lasciate questo miserel passare
Che ha il ciel nimico e tutti gli elementi
Che vien per impetrar merzè
da Morte Dunque gli aprite le ferrate porte.

PLUTONE
Chi è costui che con l’aurata cetra
Mossa ha l’immobil porta
E seco pianger fa la gente morta.
Né Sisifo la pietra all’alto monte preme
Né l’acqua più a Tantalo s’arretra.

ORFEO
Una serpe tra fior nascosta ed erba
Mi tolse la mia donna anzi il mio core
Ond’io meno la vita in pena acerba
Né posso più resistere al dolore;
Ogni cosa nel fine a voi ritorna,
Ogni vita mortale qua giù ricade
Quanto cerchia la luna con le sue corna
Convien ch’arrivi alle vostre contrade.
Così la ninfa mia per voi si serba
Quando sua morte gli darà natura.
Or la tenera vita e l’uva acerba
Tagliato avete con la falce dura.
Chi è che mieta la sementa in erba
e non aspetti ch’ella sia matura?
Dunque rendete a me la mia speranza.
Io non ve’l chieggo in don: questa è prestanza.

PLUTONE
Resa sia con tal legge:
Che mai tu non la vegge finché tra i vivi pervenuta sia.
Non ti volgere a lei per questa via
E te stesso corregge, se non che tolta subito ti fia.
Io son contento che a sì dolce plettro
S’inchini la potenza del mio scettro.

ORFEO
Circum ite triumphales, mea tempera lauri!
Vicimus: Euridicen, reddita vita mihi est,
Haec est praecipuo victoria digna triumpho;
Huc ades, o cura parte triumphe mea!

EURIDICE
Oimé, che il troppo amore
N’ha disfatti ambedue.
Ecco ch’io ti son tolta a gran furore,
Né sono ormai più tua.
Ben tendo a te le braccia, ma non vale
Che indreto son tirata,
Orfeo mio, vale, vale, vale.

ORFEO
Oimé, se’mi tu tolta Euridice mia bella?
O mio furore, O duro fato, O ciel nimico, O morte!
O troppo sventurato il nostro amore!
Qual sarà mai sì miserabil canto
Che pareggi il dolor del mio gran danno!
O come potrò mai lacrimar tanto,
che sempre pianga il mio mortai affanno?
Starommi mesto e sconsolato in pianto.
Per fin che i cieli in vita mi terranno.
E poi che sì crudel è la mia fortuna,
Già mai non voglio amar più donna alcuna.
Quant’è misero l’uom che cangia voglia per donna
o mai per lei s’allegra e dole!
O qual per lei di libertà si spoglia.
O’crede a suo’sembianti o sue parole
Non sia chi mai di donna mi favelli,
Poiché morta colei ch’ebbe il cor mio.
Chi vuoi commerzio aver de’mie’sermoni
Di femminile amor non mi ragioni.

UNA BACCANTE
Ecco costui che l’amor nostro sprezza:
O sorelle diamogli morte.
Tu scaglia il tirso e tu quel ramo spezza;
Tu piglia un sasso o fuoco e getta forte;
Tu corri e quella pianta là scavezza.
O facciam che pena il tristo porte.
O caviamgli il cor del petto fora.
Mora, lo scellerato, Mora, Mora!
Morto è lo scellerato!
Evoè Bacco! accetta questa vittima.

CORO DELLE BACCANTI
Ognun segua Bacco Evoè
Chi vuol bever vegna a bever, vegna qui.
Voi imbottate come bevere
Gli è del ancor par ti
Lassa bever prima a mi.
Ognun segua Bacco Evoè!
Io ho Voto già il mio corno:
Dammi un pò il bottazzo in qua.
Questo monte gira attorno
E il cervel a spasso va.
Ognun corra in qua e in là
Come vede fare a me.
Ognun segua Bacco Evoè!
Io mi moro gà di sonno.
Son io ebra, o sì o no?
Star più ritti i pie non ponno.
Voi siete ebrie, ch’io lo so.
Ognun facci com’io fo:
Ognun succi come me!
Ognun segua Bacco!
Ognun gridi Bacco e pur cacci del vin giù:
Poi con suoni farem fiacco.
Bevi tu. Io non posso ballar più.
Ognun gridi Evoè!
Ognun segua Bacco Evoè!

(coro a bocca chiusa)