L’Orfeo

Dramma per musica

Libretto di Aurelio Aureli
Musica di Antonio Sartorio

Prima esecuzione: 14 dicembre 1672, Venezia, Teatro Vendramino di San Salvatore.

Interlocutori:

ORFEO figlio di Calliope, e d’Apollo soprano
EURIDICE ninfa di Tracia moglie d’Orfeo soprano
ARISTEO fratello d’Orfeo figlio d’Apollo, e della ninfa Coronide allevato da Bacco soprano
AUTONOE figlia di Cadmo re di Tebe soprano
CHIRONE dotto centauro basso
ERCOLE discepolo di Chirone basso
ACHILLE discepolo di Chirone contralto
ESCULAPIO fratello d’Orfeo, e d’Aristeo addottrinato ne la medicina da Chirone basso
ERINDA vecchia nutrice d’Aristeo tenore
ORILLO giovanetto pastorello di Tracia soprano
Deità
BACCO basso
PLUTO basso
TETIDE soprano

Libretto – L’Orfeo

Illustrissimo
…ed eccellentissimo signore, signore e padrone colendissimo.
Discepolto da le tombe di Tracia dovea risorger sotto il patrocinio di v.e. su le scene dell’Adria quell’Orfeo, che flagellando una lira, trar sapea da i canori tormenti d’una corda la dolcezza d’un canto, mentre nel glorioso stipite di v.e. campeggiando il leone, chi non sa esser proprio lo stillar ex forti dulcedo? e folgorandovi dentro una spada: io meglio non potea armarmi contro il tempo, che accoppiando il filo canoro d’un carme al tagliente filo d’un brando. E proprietà d’una porpora l’imprimer i rossori in chi s’accosta ai raggi del di lei riverbero; ma rammentandomi poscia, che nell’armonia d’un politico governo n’è v.e. in questo serenissimo cielo una intelligenza motrice, ben dovea sotto l’ombra luminosa del di lei ostro ricovrarsi quell’Orfeo, che con un’armonica dolcezza fu bastante ad inserir sensi ne’ tronchi, e registrar leggi ne’ sassi. E s’egli germe d’Apollo vantò già per genitore il nume de letterati, era ben anco di ragione rinascesse accolto da l’e.v. ch’è un fecondo Giove di minerve. Quindi è, che non fu sol dell’Egitto il trar pellegrini ammiratori a le regali soglie dei sapienti salomoni, quando su le sponde adriatiche inarca un mondo le ciglia per dar il varco a lo stupore in ammirando ne i palagi cornelii rinate le faconde carmene, e l’eloquenti polimmmie, che stancando la dorata tromba della Fama, più che con cento lingue ne parla di esse con una spada questa dea. E però sin da un tempo prevedendo gli spartani dover esser non men faconda d’una lingua una spada, archittetorono le spade in figura di lingue.
Arroti pur dunque su la mole d’una malevole Fortuna mordace Momo d’armi l’armi sue feritrici, che il mio Orfeo tra le famose pareti di v. e. (dove Pallade recisi i più fini allori ne compose eruditi serti a quelle fronti litterali) non paventerà il fulmine d’una lingua; e s’egli è vero, che da un lieve, e picciolo tributo può argomentarsi ciò che chiude di vasto un’animo ossequioso, cioè a dire ex ungue leonem, nulla può temere de’ cinnici i latrati chi nel petto porta per cuore un leone.
Degnisi per tanto l’e. v. di accogliere con sereno ciglio sotto il di lei manto porporato il parto d’un cigno il più debole tra i canori di Pindo. E se tra i popoli pennuti dell’aere solo questi gloriasi d’una dolce morte cantando, sia mia gloria col canto del presente drama il poter sino al sepolcro rassegnarmi

di v. e. illustrissima
umilissimo devoto ed ossequiosissimo servo
Aurelio Aureli
Venezia li 14 dicembre 1672.

Argomento
Orfeo figlio di Calliope, e d’Apollo invaghitosi d’Euridice bellissima ninfa di Tracia l’ebbe per moglie. Di questa innamoratosi Aristeo fratello d’Orfeo tentò più volte, ma in vano la di lei costanza. Finalmente mentre ella un giorno con alquante ninfe sue amiche passaggiava per l’amenità d’un verde prato molestata da l’importunità d’Aristeo nel voler fuggirlo premé inavedutamente col piede fiera vipera dal cui morso velenoso mortalmente ferita esalò fra l’erbe l’anima in seno dell’ombre. Scese l’addolorato trace all’inferno per liberarla; e con l’armonia del suo canto, e col suono della sua lira placò le Furie di Flegetonte, ed ottenne da Pluto l’amata consorte; ma con tal condizione, che non dovesse mai rivolgersi a mirarla, se prima non era giunto fuor dal regno dell’ombre alla luce. Promise Orfeo d’osservar sì dura legge; ma vinto da l’affetto non puote trattenersi di mirarla, ed al primo guardo, che rivolse a Euridice gli fu questa dalle Furie rapita, e ricondotta in Averno. Pianse in vano la perdita della sua adorata consorte, e perduta la speranza di mai più riaverla tornò disperato alla luce del mondo con fermo proponimento di fuggire le donne per non mai più innamorarsi d’alcuna; e perché Aristeo fu marito d’Autonoe figlia di Cadmo re di Tebe,
si finge,
che Autonoe tradita ne gl’affetti da Aristeo, e penetrate le di lui nuove fiamme amorose verso Euridice, sdegnosa abbandoni il padre, e la reggia, e si porti sconosciuta in abito di zingara nel regno di Tracia per ritrovar il suo infido.
Che Chirone dotto centauro, qual insegnò la medicina ad Esculapio, ad Ercole l’astrologia, e la geometria, e la musica ad Achille, siasi dal monte Pelio della Tessaglia trasportato ad abitar ne le campagne di Tracia; averti cortese lettore, che l’autore di questo drama per maggiormente arrichirlo d’intreccio s’ha presa poetica licenza di commettere un condonabile anacronismo coll’unire Ercole con Achille in un tempo medesimo discepoli di Chirone.
E per darti succintamente ad intendere tutte le azioni del medesimo drama, nella sua tessitura vi scorgerai:
Nella persona d’Orfeo; un marito altrettanto geloso, quanto della moglie invaghito.
In Aristeo; un’amante appassionato, e pertinace, ma finalmente pentito.
In Euridice; una moglie affettuosa, e fedele.
In Autonoe; un’amante spiritosa, e costante.
In Chirone; un maestro di saggi documenti morali.
In Ercole; i generosi impulsi d’un’anima forte.
In Achille; i teneri affetti d’un nobile eroe.
In Esculapio; le rigidezze d’un filosofo.
In Erinda; l’amorose follie d’una vecchia.
In Orillo; la sagacità d’un giovane pastorello.
Il drama principia ne le nozze d’Orfeo con Euridice, e termina con l’arrivo di Tetide dèa del mare a le spiagge di Tracia, qual giunge a levar Achille suo figlio per condurlo all’isola di Sciro al re Diomede, dove in abito femminile tra le di lui figlie lo pose per preservarlo dalla morte, che gli minacciava il destino nella guerra di Troia.

Atto primo

Scena prima
Sala del palagio d’Orfeo illuminata in tempo di notte per le di lui nozze con Euridice.
Euridice, Orfeo, Esculapio, coro di Ninfe, di Cavalieri di Tracia, e d’Eunuchi.
Insieme

EURIDICE
Cara, e amabile catena
che mi stringe al mio tesoro.

ORFEO
Cara, e amabile catena
che m’unisce al ben ch’adoro.

ORFEO
Imeneo
fausto, e felice!

EURIDICE
Son d’Orfeo.

ORFEO
Io d’Euridice.

EURIDICE
Lieta godo.

ORFEO
Sì bel nodo
radolcisce ogni mia pena.

EURIDICE E ORFEO
Cara, e amabile catena.

ORFEO
Brilla il ciel, Tracia esulta, e gode il mondo
al mio gioir. Solo Esculapio solo

"Dimmi il mio nome prima dell'alba, e all'alba vincerò"
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