Orfeo dolente

Intermedi

Libretto di Gabriello Chiabrera
Musica di Domenico Belli

Prima esecuzione: carnevale 1616, Firenze, Palazzo Gherardesca.

Personaggi

ORFEO tenore
PLUTONE basso
CALLIOPE soprano

Coro di Pastori, tre Grazie, coro di Ninfe.

Libretto – Orfeo dolente

Al molto illustre…
…signor e padron colendissimo il signor Ugo Rinaldi.
Il debito di devozione, che porto a v. s. molto illustre, arricchito dalle continue grazie e favori, con li quali mi ha sempre onorato, ed il gusto accompagnato dall’intelligenza che ella tiene della musica, e non piccol testimonio ne fanno molti concerti che l’anni addietro s’è dilettato in pubblico far sentire, per sé stessi sono stati bastanti a lasciarmi pigliar ardire sì di mandare alle stampe queste mie musiche, come anco di aggrandirle com lo splendore del suo nome, assicurandomi che spinte dalla dolce aura di quello, gratissime sieno per comparire al teatro del mondo, per durarvi col capital della gloria; aggiungendosi di più che i primi bollori del mio rozzo ingegno scaturiti nella propria sua casa e collocati per intermedii dell’Aminta, boscareccia del s. Torquato Tasso, da lei e da altri signori sua parenti ed amici nella sua nobilissima sala, con sì solenne pompa il carneval passato recitata, mi spronano, per quali si sieno, come nati sotto la sua protezione ed innestati nella gentilezza sua, maggiormente a v. s. consacrarli. L’invio adunque, di tante prerogative vestiti, a picchiar le porte della sua grazia, rendendomi certo che se l’affetto mette il pregio a’ presenti, non poteva ricevere v. s. dono da mano più povera né da core più ricco d’osservanza ed ossequio. Ed augurandole dal sig. iddio il colmo d’ogni sua meritata grandezza, le bacio umilmente la mano.

Di Firenze, li 25 Maggio 1616.
Di v. s. molto illustre obbligatissimo servitore
Domenico Belli

Primo intermedio

Scena unica
Orfeo e Plutone.
Orfeo suonando con la lira il seguente ritornello.
(segue la musica)
Nume d’abisso, numi
dell’infernal soggiorno,
ecco ch’a voi ritorno
con lagrimosi fiumi.
È ver ch’a vostra legge
io poco intento attesi,
e follemente errai:
ma non vi vilipesi;
fu sol che troppo amai.
(ritornello)
Scusar vuolsi l’errore
e non opporsi a pena
quand’ad errar ci mena
grand’impeto d’Amore.
È questo arcier supremo:
e tra’ mortali in terra
son noti i dardi suoi,
e costà giù sotterra
son noti anco tra voi!
(ritornello)
Deh, se fur miei lamenti
da voi pur dianzi uditi,
oggi non sien scherniti
che li fo sì dolenti.
Sul tenor tanto acerbo
di mia cruda ventura,
numi, deh, ripensate,
e di mia vita oscura
costringavi pietate.
(ritornello)
In van per me s’attende
giorno di duol men forte
se l’amata consorte
per voi non mi si rende.
Giammai tra lunghi affanni
il lacrimar non resta
onde la guance inondo,
ed ogni cosa è mesta
pur per quest’occhi al mondo.
(ritornello)
Non ha seco sereno
Febo s’esce dal mare,
e se la notte appare
non ha stellato il seno.
In sul più vago aprile
nembo di pioggia o vento
fammi terribil verno;
pietà del mio tormento,

"Dimmi il mio nome prima dell'alba, e all'alba vincerò"
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