Roberto Devereux

Tragedia lirica in tre atti.

Libretto di Salvadore Cammarano.
Musica di Gaetano Donizetti.

Prima esecuzione: 28 ottobre 1837, Napoli, Teatro San Carlo.
Video dell’opera

Personaggi:

ELISABETTA regina d’Inghilterra soprano
Lord duca di NOTTINGHAM baritono
SARA duchessa di Nottingham mezzosoprano
ROBERTO Devereux, conte di Essex tenore
Lord CECIL tenore
Sir GUALTIERO Raleigh basso
UN PAGGIO contralto
UN FAMILIARE di Nottingham basso

Coro di Dame della corte reale. Coro di Lord del parlamento, Cavalieri e Armigeri. Comparse, Paggi, Guardie reali, Scudieri di Nottingham.

L’avvenimento ha luogo nella città di Londra e nel cadere del secolo XVI.

Libretto – Roberto Devereux

Atto primo

Scena prima
Sala terrena nel palagio di Westminster, con grande apertura nel fondo, dalla quale si vede una serra di piante.
Le Dame della corte reale sono intente a diversi lavori donneschi: Sara, duchessa di Nottingham, siede in un canto sola, taciturna, cogli occhi immobili su di un libro, ed aspersi di lagrime.

[N. 1 – Preludio, coro e romanza]

DAME
(osservando la duchessa)
(Geme!… Pallor funereo
le sta dipinto in volto!
Un duolo, un duol terribile
ha certo in cor sepolto.)
(accostandosi ad essa)
Sara? Duchessa? Oh! scuotiti…
Ragione ascolta omai.
Onde la tua mestizia?

SARA
Mestizia in me!

DAME
Non hai
sul ciglio ancor la lagrima?

SARA
(Ah! mi tradisce il cor!)
Lessi dolente istoria…
Piangea… di Rosamonda.

DAME
Chiudi la trista pagina
che il tuo dolor seconda.

SARA
Il mio dolor!…

DAME
Sì; versalo
dell’amistade in seno.

SARA
Ladi, e credete?…

DAME
Ah! fidati…

SARA
Io?… No… Son lieta appieno.
(sciogliendo un forzato sorriso)

DAME
(È quel sorriso infausto
più del suo pianto ancor.)

SARA
(All’afflitto è dolce il pianto…
È la gioia che gli resta…
Una stella a me funesta
anche il pianto mi vietò.
Della tua più cruda, oh quanto,
Rosamonda, è la mia sorte!
Tu peristi d’una morte…
Io vivendo ognor morrò.)

Scena seconda
Elisabetta preceduta da’ suoi Paggi, e dette.

[N. 2 – Scena e cavatina]

UN PAGGIO
La regina.
Al comparire della Regina le Dame s’inchinano: ella risponde al saluto, quindi s’accosta alla Nottingham in atto benigno.

ELISABETTA
Duchessa…
(porgendo la destra a Sara: ella rispettosamente la bacia. Le dame restano in fondo alla scena)
Alle fervide preci
del tuo consorte alfin m’arrendo, alfine
il conte rivedrò… Ma dio conceda
che per l’ultima volta io no ‘l riveda,
ch’io non gli scerna in core
macchia di tradimento.

SARA
Egli era sempre
fido alla sua regina.

ELISABETTA
Fido alla sua regina! E basta, o Sara?
Uopo è che fido il trovi
Elisabetta.

SARA
(Io gelo!…)

ELISABETTA
A te svelai
tutto il mio cor… lo sai,
or volge intero l’anno,
ch’ei sospiroso e mesto
fuggia gli amici, e il mio reale aspetto:
un orrendo sospetto
alcuno in me destò. D’Irlanda in riva
lo trasse un cenno mio, ché lunge il volli
da Londra… egli vi torna, ed accusato
di fellonia; ma d’altra colpa io temo
delinquente saperlo…
(con trasporto di collera)
Una rivale,
s’io discoprissi, oh quale,
oh quanta non sarebbe
la mia vendetta!

SARA
(Ove m’ascondo?…)

ELISABETTA
Il core
togliermi di Roberto!…
Pari colpa sarìa togliermi il serto.
(un momento di silenzio: ella si calma alquanto)
L’amor suo mi fe’ beata,
mi sembrò del cielo un dono…
E a quest’alma innamorata
era un ben maggior del trono.
Ah! se fui, se fui tradita,
se quel cor più mio non è,
le delizie della vita
lutto e pianto son per me!

Scena terza
Cecil, Gualtiero, altri Lord del parlamento e detti.

[N. 3 – Gran scena e duetto]

CECIL
Nunzio son del parlamento.
(dopo essersi ossequiosamente inchinato alla regina)

SARA
(Tremo!…)

ELISABETTA
Esponi.

SARA
(Ha sculto in fronte
l’odio suo!…)

CECIL
Di tradimento
si macchiò d’Essex il conte:
eccessiva in te clemenza
il giudizio ne sospende;
profferir di lui sentenza,
e stornar sue trame orrende,
ben lo sai, de’ pari è dritto.
Questo dritto si richiede.

ELISABETTA
D’altre prove il suo delitto,
lòrdi, ha d’uopo.

Scena quarta
Un Paggio e detti.

UN PAGGIO
Al regio piede
di venirne Essex implora.

CECIL E GUALTIERO
Egli!…

ELISABETTA
Venga. Udirlo io vo’.
(lanciando a Cecil ed a Gualtiero uno sguardo rigoroso)

CECIL E GUALTIERO
(Ah! la rabbia mi divora!…)

SARA
(Come il cor mi palpitò.)

ELISABETTA
(Ah! ritorna qual ti spero,
qual ne’ giorni più felici,
e cadranno i tuoi nemici
nella polve innanzi a te.
Il mio regno, il mondo intero
reo di morte invan ti grida…
Se al mio piede amor ti guida
innocente sei per me!)

SARA
(A lui fausto il ciel sorrida,
e funesto sia per me!)

CECIL, GUALTIERO E CORO
(De’ suoi giorni un astro è guida,
che al tramonto ancor non è!)

Scena quinta
Roberto e detti.

ROBERTO
Donna reale, a’ piedi tuoi…

ELISABETTA

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