Zanetto

Opera in un atto

Libretto da Le Passant, di François Coppée, riduzione di Giovanni Targioni-Tozetti e Guido Menasci
Musica di Pietro Mascagni

Prima rappresentazione: 2 marzo 1896, Teatro Liceo musicale Rossini.

Personaggi

Silvia, soprano
Zanetto, contralto

Il Rinascimento.

Un paese illuminato dal chiaro di luna. A sinistra una palazzina con terrazza e scalinata – Una panca. – Nel fondo Firenze veduta confusamente. – Il cielo è stellato.

Libretto – Zanetto

Scena Prima

Silviasola

(Silvia, con una veste bianca, è appoggiata alla balaustrata ; contempla, fantasticando, la campagna)

Maledetto l’amor ! Non ho più lacrime.

(discende, lenta)

Son la crudel signora,
che ognun sempre adorò, che ognuno
adora.
Ognun col labro rispettoso sfiora
la mia man : ma l’ardore
del bacio non salì fino al mio core.
M’uccide il tedio. Le silenzïose
chiari notti d’estate,
che pajon fatte per le serenate,
danno a’ poeti il destro
di sfogar l’estro,
ed ecco… in onor mio dispiegan l’ali
scipiti madrigali.
[Il soldato, il mercante, il podestà
ai piè mi gittan l’oro,
ma disprezzo costoro
e la lor vanità.
Soffro ! Viver così, senza un amore,
viver non è. Non mi ricorda un fiore
qualche affetto gentil.]

(addita la città)

Firenze splende
laggiù, lontana, nel sereno ; e tende,
forse, lo suardo al cielo un giovinetto
che m’ha vista una volta, e sente in petto
battere il cor per me, per me l’indegna.
Se a traverso la mia
strada fatal si trovi… oh ! non isperi
di fuggirsene via…
e non sarò la sola disgraziata !

Zanetto

(canta da lontano, sempre avvicinandosi).

Cuore,
come un fiore
si dischiude in te l’Amore :
la canzon non è gioconda,
l’odi tu, piccina bionda.

Cuore !
V’è il dolore
tra il profumo e lo splendore…
par che il pianto si nasconda
in quel fior, piccina bionda.

Silvia

Dolce è la melodia : la voce tocca
il cuor. Ma queste fole,
queste fole d’amore, io non l’intendo più.

(Sale lentamente su la terrazza, volgendosi distrattamente verso la parte da cui veniva la voce. Zanetto col liuto a tracolla, e trascinando per l’erta il mantello, entra con aria allegra senza veder Silvia).

Scena Seconda

Silvia, su la terrazza, Zanetto.

Zanetto

Le notti estive ridono al viaggio,
e si va della luna al chiaro raggio.
Ma di lassù le stelle infondono coraggio
con le pupille d’ôr.
Son giunto. Ama Firenze
il suono del liuto e la canzon d’amor ?
Non posso in quest’arnese
picchiare alla locanda del paese.
Mi converrà dormire all’aria aperta.

(si sdraja sulla panca avvolgendosi nel mantello).

Silvia

(scende della terrazza).

Oh, poveretto ! ed io che avevo in uggia
questa serenità !
Debbo chiamarlo ed ospitalità
debbo offrirgli ? Ma che ! Dorme di già.

(guardando Zanetto addormentato)

Il silenzio, i profumi della sera,
questo fanciul dormente,
mi turban forse ? Un palpito
novo m’agita il core. Ahimè ! somiglia

(guardando più da vicino)

al sogno mio ! Su ! Destati.

(prendendolo con dolcezza per la mano).

Zanetto

(si sveglia e guarda Silvia con adorazione e meraviglia)

La bianca visïone – che in sogno mi ridea.

Silvia

Bambino ! solo un pallido
raggio di stella l’occhio tuo vedea.

Zanetto

No, no, tu sei la bella
realtà del mio sogno : questa voce divina
l’udivo a me vicina !

Silvia

Son, se ti piace, un ospite
Gradita al viandante !

Zanetto

(guardandola).

Grazie. Ho cenato tardi,
E il sonno mi svanì.

Silvia

(tra sè)

Silvia, sii buona ! E l’amor tuo funesto…
ed un fanciullo è questo.

(a Zanetto).

Ma, dimmi, non potrò saper chi sei ?

Zanetto

Sono Zanetto : un nomade
suonator, mi diletto
ogni dì nel cambiar d’aria e di tetto.
Venti mestieri inutili
mi fan campar la vita :
so condurre col fragile
remo la barca rapida ;
slancio nell’aria il falco
a volo in corsa ardita ;
domo col morso l’agile
puledro ; e in un sonetto
chiudo le rime fulgide
in cerchio d’oro stretto.

Silvia

E non saranno rare
le volte in cui ti manca il desinare !

Zanetto

Tavolta sì… Ma se trovo in paese
qualche signor cortese,
io sono il benvenuto ;
m’accettano alla mensa, il mio liuto
rallegra la brigaga,
e… per quel dì la cena è assicurata !

Silvia

Firenze è la tua mèta ?

Zanetto

Non so. Se mai più florido
qualche sentier mi piaccia,
lo seguirò. La strana fantasia
segue l’ardita traccia
segnata dall’augel nell’aria azzura.
Ancor su ‘l mio cammino
non trovai la fortuna.

Silvia

Ma non sognasti un giorno di riposo
nel correr tuo fantastico e dubbioso ?
E non l’ha mai veduta una casetta
bianca tra i verdi pampini
d’onde una giovinetta
un rapido buon giorno ti mandò ?

Zanetto

Sì, qualche volta. Ma qual io mi sono
penso ai padri, ai tutori, e non mi piace
delle famiglie disturbar la pace.

Silvia

Nè ti termasti mai se la fanciulla
il fiore ti getto che aveva in petto ?

Zanetto

Un bacio, e seguitavo la mia strada.
La libertà m’è cara :
non voglio altro fardello
che il liuto e la piuma de capello.
Un amore dentro il core
è un bagaglio troppo grave !

Silvia

L’augel di bosco non vuol gabbia !

Zanetto

Mai !

Silvia

Chi sa che un giorno non t’alletti il nido !

Zanetto

No, no ! L’amor mi fa paura. Sai ?
E così bello andarsene
via come le libellule
che van per l’aria, libere !

Silvia

Ma non sarai felice…
E vieni qui dal fato
tenuto per la mano,
o il vol di qualche rondine
seguisti da lontano ?

Zanetto

Quasi !

Silvia

Ti guida dunque una speranza ?

Zanetto

Appena un sogno.

Silvia

Parla !

Zanetto

Io qui potrei
forse restare. Senti : i pari miei
padre e madre non hanno.
Son figlio d’un marchese o d’un villano ?
E chi lo sa ? Pel mondo
Corsi fin’ora, libero e giocondo,
nè mai vita migliore ho sospirato.
Ma da quando ho gustato
la cara voce tua, madonna bella,
ho sognato d’avere una sorella ;
quando m’hai susurrato
dell’intima dolcezza
di una casetta, lunge dai rumori
del mondo, in mezzo ai fiori,
allora sì, mi son sentito solo !
Io cedo ai tuoi consigli.
Oh, se volessi
trattenerti vicin quest’usignolo
randagio ! Io resterei
teco, sempre d’accanto
mi avresti, e col mio canto
le tue lunghe giornate abbrevierei !

Silvia

Bambino !

(da sè)

Come il core
mi sussulta ! Che è mai questo timore ?
Averlo sembre meco, qui udirlo delirante
darmi il nome d’amante !
Oh, il mio sogno avverato !

Zanetto

Vuoi ?

Silvia

(da sè).

Se voglio ? Oh no, mai !
Pur è lui che mi supplica !

Zanetto

Madonna, domandai
troppo, lo so ; ma vuoi ?

Silvia

(da sè).

Saprà chi son domani.

Zanetto

Anco una volta,
vuoi ?

Silvia

Non posso !

Zanetto

E perche ?

Silvia

Son vedova, son povera, nè musici
posso ospitar, nè poeti erranti.

Zanetto

Uno scudier non hai ?

Silvia

No !

Zanetto

Un paggio ?

Silvia

No !

Zanetto

Io con un frutto desino !

Silvia

Deh, taci !

Zanetto

Ma…

Silvia

Son vedova,
Vivo nel pianto, sola.

Zanetto

Ed io non vo’
che starmene a’ tuoi piedi ?

Silvia

E impossibile, credi !

Zanetto

Dunque per sempre addio,
bel sogno mio !
Avro forse domani
più fortuna con Silvia.

Silvia

(da sè).

Che dice ?

Zanetto

Poi che vani
fugono i preghi miei,
io chiederti vorrei
di Silvia fiorentina.
La dicono regina
d’ogni bellezza,
dicono che il suo sguardo vellutato
è una carezza
che conquista e innamora,
dicono che è bella e pallida…
al par di te, signora ;
e poi ch’è ricca e prodiga…
Andavo a cercar lei !

Silvia

Mio Dio !

Zanetto

Forse potrei
entrar fra i suoi scudieri.
Ma intesi mormorare
che la strana bellezza
di quell’altiere donna
e il pazzo viver suo recan sventura.
Ti confesso, madonna, che ho paura.
Che debbo far, consigliami.
Debbo andar da Silvia ?

Silvia

(fra sè).

Sarebbe ritornato !
Questo fanciullo ignoto,
che mi colmò di tenerezza l’anima,
la sorte me l’invia.
E la felicità, devo cacciarlo via ?

Zanetto

T’ho così poco amica,
che non mi vuoi rispondere ?

Silvia

(fra sè).

È infame… ma così volle il destino !

Zanetto

Ebben ?

Silvia

(dopo un silenzio, e con grande sforzo).

Senti, bambino.
Non cercar di colei. La tua bell’anima,
non conosce il pericolo !
S’io non posso proteggerti,
ospitarti, potrò salvarti. Ascoltami.
No, non andar da Silvia !
Pagare il pano, il letto
colla canzon gioconda
che ti fiorisce sulle labbra è bello,
ma bisogna conoscere
che pan, che letto è quello.
O Zanetto, Zanetto,
Se mi commuovo è perché t’amo… come
un bambinel che si vuol salvare.
Oh, seguita a cantare
del bosco fra le chiome !

E se poi, quando olezza il novo aprile,
presso la soglia d’un umil casetta
vedrai, sovra il lavoro
china, una giovinetta
da gli occhi neri e dai capelli d’oro,
oh, fermati, cantore,
quello è il nido d’amore !

Zanetto

Ti obbedirò. Ma può darsi che Silvia
sia calunniata.

(Silvia fa un gesto di dolore).

Certo
la ferita del povero tuo core ho riaperto !
Tu m’hai detto che hai l’anima
triste ! Un fratello amato,
un caro fidanzato la Silvia t’ha rubato !
Non temi sol per me… tu sei gelosa !

Silvia

(con grande tristezza).

Immagini una cosa
non vera… Va, va… parti !…
Tu non puoi figurarti
quanto, quanto mi dolga
dirti che tu rivolga
lontano il piè dall’intrapresa via !
Ma, prima che tu vada
per la tua strada,
mi puoi rendere grazie :

(con amarezza).

io t’ho salvato !

(fra sè)

Tutto è finito. Ahimè !
se m’avesse scoperto.

Zanetto

Partirò. Te n’accerto,
non anderò da Silvia
dopo quel che m’hai detto.
Io partirò, portando meco un balsamo
soave e sconosciuto :
qualche cosa di tenero
c’era nel tuo rifiuto !
E avrò di te soltanta la memoria
che se non hai potuto
ajutarmi, o madonna, in qualche canto
del tuo core hai provato
e dolore e rimpianto ?

Silvia

(vivamente, offrendogli un anello).

No, certo, e quest’anello
ti ricordi di me.

Zanetto

(con un gesto di rifiuto)

Perdona… troppo bello,
troppo ricco è il giojello…
Grazie, madonna, accettarlo non posso.
Ma, dimmi, non sei tu vedova e povera ?

Silvia (fra sè).

M’abbia riconosciuto,
ed una prova sia questo refiuto ?

(a Zanetto).

Ma che vuoi ch’io ti dia ?

Zanetto

Un ricordo… non voglio l’elemosina…
un nulla, ma che sia
caro a te. Guarda. Il fiore
che fra i tuoi splendidi
capelli muore..

Silvia

(dandogli il fiore).

Eccoti il fior. Prima che sia spuntato
il dì, morrà nella tua mano il candido
fiore… ma la sua morte
io voglio ti rammenti la mia sorte ;
quando sarà appassito,
dimenticami. Addio.

Zanetto

O madonna, di grazia,
una parola ancora !
Io tremo nel riprender l’infinito
mio viaggio, e mi pare
che di qui non ci sieno
più sentieri che portino
alla gioja. Ho paura,
di scegliere. La mia buona ventura
tu guidi. Scegli tu
per me. Faro il cammino
che m’imporrà la tua piccola mano !

Silvia

(che ha già salito alcuni scalini della terrazza, indica a Zanetto la parte opposta alla città).

E sia !… Dunque, di là, dove splende l’aurora !

(Zanetto fa qualche passo verso Silvia, ma essa lo ferma col gesto, egli, dopo aver fatto un gesto disperato, fugge bruscamente).

Scena Terza

Silviasola

(Rimane un istante sulla terrazza, pensierosa e guardando Zanetto che si allontana. Poi, ad un tratto, si nasconde il capo fra le mani e piange).

Sia benedetto Amore, posso piangere ancora !

Fine